Lettere – Paesi sepolti da neve e piogge – Il denominatore comune non è la “neve” assassina….
L’Aquila – Scrive Franco Taccia: “Forse è il momento di parlare chiaramente. In Italia le cosi dette calamità naturali assumono sempre i contorni della tragedia perchè oltre ai danni prevedibili c’è da fare i conti, purtroppo e sopra tutto con le vite umane spezzate.
Non c’è la cultura della prevenzione in nessun campo, con l’aggravante semplicemente disgustosa
del cercare ogni volta di glissare sull’argomento incompetenza alzando una cortina di ” non è il momento delle polemiche….tutti i soccorritori hanno fatto il massimo….non vi lasceremo soli….” e
balle della serie. E non c’è cultura della prevenzione per il semplice fatto che un sacco di gente, ma proprio tanta, occupa posti che non è in grado di occupare, ne come competenza specifica e neppure
come preparazione a livello mentale per affrontare certe situazioni. Basta scorrere l’elenco di quanti a vario livello di responsabilità sono deputati ad assicurare il perfetto funzionamento di ogni struttura per rendersene conto. Qualcuno dovrebbe spiegare come, a un pinco pallino che non ha idea di come debbano essere coordinati mezzi di soccorso, uomini, di quali siano le priorità da fronteggiare, possa essere affidata la tutela dell’incolumità delle gente. Se per impiegare i militari del Genio si aspettano dieci giorni quando basterebbe da subito requisire, con ovvio indennizzo, bulldozer e pale meccaniche di cui sono pieni i cantieri in ogni paese e nel frattempo la neve raggiunge i tre metri, di chi e’ la colpa ? Ovvio che per realizzare un piano del genere serve un coordinamento perfetto tra comandi militari, reparti specializzati in operazioni a rischio, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato (che qualcuno ha avuto la geniale idea di sottoporre a cura dimagrante). Per fare questo serve gente esperta, non gente buona solo a comparire con la giacca a vento e il maglioncino che fa tanto superman davanti a telecamere e giornali. Non bastasse questo si sperpera un fiume di denaro per approntare piani inutili. Si sente parlare in tutta Italia di coordinamento tra comuni per affrontare le calamità ; e chi c’è dentro i comuni all’altezza della situazione? L’unica cosa certa è che dopo il caos nessuno sa nulla, nessuno ha responsabilità tranne quella di prendere lauti stipendi a fine mese. Poi in prossimità delle situazioni di pericolo comincia la litania dei bollettini multicolor, il dettaglio dei chicchi di sale preparati nelle rimesse, l’elenco dei mezzi a disposizione. Con qualche voce fuori dal coro che lamenta la scarsità dei mezzi economici di cui dispongono le regioni (non tutte). Bene, visto che ci siamo forse è il caso di fare una precisazione. A qualcuno sfugge, a qualche altro fa comodo che sfugga, ma ogni centesimo che si spende in Italia, da Aosta a Capo Spartivento, Abruzzo compreso, esce dalle tasche del contribuente. Sia che si tratti di un palo della luce a Treviso sia che si parli di un pacco di carta igienica per l’ospedale di Marsala.
Fondi UE compresi sono tutti soldi di chi paga le tasse. E per spenderli serve la normale diligenza del buon padre di famiglia. Quindi se come sembra il paese sta con le pezze al……basta con i miliardi buttati per comprare caccia bombardieri da revisionare, basta con aerei grandi come portaerei per scarrozzare brutte copie di uomini politici (che altrove, benchè di tutt’altra caratura, volano con aerei di linea) e basta con contributi piovuti da chissa’ dove per le cose più inutili, come per organizzare una partita a bocce sul lungomare o un torneo di palla prigioniera in riva al mare, con quattro gatti come spettatori.
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