Terremoti, che servano almeno a chi verrà


L’Aquila – Un anno fa i quattro micidiali terremoti cominciati il 24 agosto, e partiti dalla storica superfaglia di Norcia, la stessa della seconda distruzione dell’Aquila e dintorni nel tragico 1703. Teniamoci lontani da retorica, piagnistei, polemiche, ne sentiremo e vedremo già troppi in queste ore di rievocazioni e storie strappalacrime.
I ricordi più veri si portano dentro, i dolori sinceri sono muti.
Una e una sola, ma grande, sia la polemica. I terremoti che abbiamo subito e sicuramente subiremo ancora – la nostra terra è popolata da cavalli di ritorno – serviranno almeno a chi verrà dopo di noi? La gente che nel futuro abiterà ancora l’Italia Centrale e l’Abruzzo potrà vivere in una relatriva tranquillità? Questa soltanto è la domanda sensata. Alla quale, finora, nessuna istituzione o congettura politica dà risposte. Progetti sensati come quello di Renzi – messa in sicurezza dell’Italia – o come quello sospinto dall’ex sindaco Cialente (libretto del fabbricato) sembrano arenati, persi nell’eterno porto delle nebbie che l’Italia è sempre di fronte ai grandi problemi. Rispunta sempre, non sradicabile, la sensazione che non si voglia affondare il bisturi nella piaga, per la paura di perdere poi le glorie di chi accorre dopo le tragedie. Glorie politiche intossicate da lucri, tornaconti, sordidi interessi, trame inconfessabili. Il cibo preferito di un paese oscuro e mestatore.
Se non fosse così, e vorremmo che non lo fosse, a smontare ogni ipotesi ottimistica è una domanda senza risposta: perché da noi e solo da noi tanti danni e morti in terremoti che altrove non causano solo paura? Grecia, almeno quattro forti scosse in due mesi. Nessuna vittima, danni pochi o nessuno. Cile: fortissimi sismi anche in aree abitate, mai morti o crolli gravi. Per non dire del Giappone o della Nuova Zelanda.
Ischia, una scossa di soli 4 gradi Richter causa disastri, vittime, feriti, e una devastante fuga di turisti.
Per farla breve, torniamo a casa nostra. Terremoti di un anno fa. Tutto crolla, si polverizza, centinaia di morti,, esodi, fughe, costi astronomici, vasti e profondi danni psicologici. Ma Norcia non crolla. Fu ricostruita bene dopo il 1967, spiegano i tecnici e i politici locali. E sostanzialmente se l’è cavata egregiamente.
Non occorre dire altro. Il futuro non è nel grembo degli dei o regolato da imprecisati orchi che abitano sotto terra. E’ nelle mani di chi oggi gestisce miliardi, spende, spande, e qualche volta dà l’impressione di ridere sotto i baffi. Speriamo di sbagliarci.


23 Agosto 2017

Categoria : Attualità
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