Huge wine glass
Pescara – (di Paola Marchegiani, consigliera comunale) – Durante il governo D’Alfonso, la città di Pescara ha saputo guardare al futuro con una visione nitida e precisa, al contempo ha pensato il passato con orgoglio e attenzione.
Spesso, i committenti del recupero di opere o di luoghi simbolo che versavano in condizioni di degrado sono stati i cittadini stessi. La politica ha saputo leggere l’anima della città. Ne è esempio il rinnovo di Piazza Salotto, avvenuto con la reinterpretazione di un progetto pensato per Pescara dal grande urbanista Luigi Piccinato.
“E’ stato possibile riunire la piazza, connetterla ai due porticati nord/sud, integrarla con un segno perpendicolare a Corso Umberto (non più due piazze laterali ma una grande unica piazza)”, anche grazie alla collaborazione e ai suggerimenti dei cittadini.
Il concetto di arte pubblica, arricchito da una rinnovata vitalità, è divenuto realtà grazie alle competenze dei progettisti, della Facoltà di Architettura guidata dal Prof. Clementi, delle strutture comunali, delle maestranze e dei cittadini.
Molti hanno dimenticato il degrado in cui versava Piazza Salotto, “l’enigma calato in un rettangolo di giostrine e mattonelle rotte”.
Oggi c’è una piazza moderna, viva, rinata, riprogettata secondo i nuovi ritmi della vita, nel rispetto della sua storia legata alla distruzione di alcuni edifici nel bombardamento del 1943 che aveva creato così un vuoto, rispettato e mantenuto successivamente dall’arch. Piccinato.
Capisco e conosco i ricordi legati a questo luogo, la nostalgia del tempo passato, ma assecondare questi sentimenti sarebbe stata una operazione culturalmente non corretta.
In questo contesto si inserisce Huge Wine Glass, un’opera d’arte contemporanea di grande significato simbolico, nuova, unica e forse per questo non familiare per alcuni cittadini, propensi per consuetudine a preferire ciò che si conosce.
Ricordo il giorno del suo rivelamento alla città, il mio primo intervento in una piazza esultante e affollatissima, le note di una composizione musicale del maestro Taglietti.
Ricordo la gioia, l’emozione, l’entusiasmo di una comunità intera quando è stato scoperto il lavoro del grande architetto giapponese Toyo Ito.
Ricordo, però, un anno fa, le crepe formatesi, illuminate da una luce di un primo pomeriggio che si incendiavano rifrangendosi, creando così una bellezza sconvolgente nella drammaticità commovente di un fato avverso.
Ricordo le critiche, gli sberleffi di chi ha goduto di una vera disavventura, di chi oggi ha responsabilità alte di governo che ha brindato per la perdita di un’opera d’arte. Huge Wine Glass fu pensata per quella piazza: opera site-specific.
E qui mi inserisco nel dibattito che ha visto coinvolti galleristi, professori universitari, intellettuali, uomini di cultura, scuole che nel loro sentire comune hanno invitato a lasciare l’opera lì dove è stata collocata.
“Restituire dignità al lavoro di Toyo Ito” è l’imperativo di Benedetta Spalletti.
Condivido questo auspicio e mi schiero con la moltitudine di coloro che aspettano che, dopo il lavoro di verifica delle responsabilità da parte delle competenti autorità, il calice, non più amaro, venga ricostruito a costo zero per i cittadini, così come sognato.
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