Una donna delle istituzioni


L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri, scrittore e critico) – La felice intuizione di Anna Vinci, nota giornalista e autrice di trasmissioni RAI, ha permesso la realizzazione del libro La politica del cuore, edizioni Castelvecchi, Roma 2010, nel quale Stefania Pezzopane, presidente della Provincia dell’Aquila, narra segmenti di un percorso di vita che intersecano il suo essere donna con i sentieri della politica.
E’ difficile separare i due momenti, perché l’impegno sociale costituisce il pensiero dominante e in esso l’autrice ha indirizzato, dalle prime esperienze giovanili, la sua femminilità “…innamorata del femminismo, perché è stata una rivoluzione incruenta…Le donne fin dai primi del Novecento hanno espresso una grande chiarezza di posizioni politiche, assumendosi il rischio delle scelte, mettendo in discussione se stesse, il loro ruolo…Auspicavo un cambiamento profondo nella legalità, robusto, che rendesse protagonisti ceti e strati della società che ne erano stati esclusi, come le donne e i lavoratori”.
La donna, sicuro riferimento della vita sociale, alterità necessaria all’uomo, protagonista di realtà che non lasciano spazio alla sottomissione ed al lamento. La donna, che nel suo piccolo/grande mondo porta avanti le idee all’interno di comunità tendenti ad escludere l’universo femminile “…da ragazza non ho incontrato il desiderio rivoluzionario, ma quello di un cambiamento razionale, però appassionato, non è facile spiegare: la mia è una passione molto logica e determinata. Ho sempre avuto paura delle rivoluzioni con il sangue, rifiuto più che paura, perché non sono una donna paurosa. Detesto la violenza, sono sempre stata una pacifista…”.
Il lettore viene subito catturato dall’incalzare della narrazione e dal susseguirsi degli eventi che delineano momenti fondamentali di un cammino che trova nella tragedia del sisma il suo punto focale. Ma lo scorrere veloce delle pagine, lascia spesso lo spazio a interruzioni di lettura, a pause di riflessione che inducono a pensare: dalle prime ansie “…continuavo ad essere inquieta. Quello che avevo fatto non mi soddisfaceva” ai primi allarmi non ascoltati che esigevano coinvolgimenti istituzionali, da una parvenza di tranquillità familiare dove è l’uomo il riferimento sicuro “… mio marito… mi ripete che esagero, che devo stare tranquilla” alla notte del sei aprile quando “sono stata svegliata da un rumore sovrumano, sembrava l’urlo di un orco”.
Il primo pensiero “nostra figlia Caterina” poi la fuga e la salvezza per la propria famiglia e la tragedia che nello scorrere del tempo rivela tutta la sua ampiezza. Ma non c’è da perdere tempo nel momento della disperazione collettiva, “…arginata in qualche modo la preoccupazione per la mia famiglia”, torna ad essere la donna delle istituzioni e pur con l”ansia nel cuore cerca l’immediato contatto con le altre figure istituzionali per “tentare di compiere il mio dovere. E così è stato”, ma c’è anche la gente, la sua gente e piange con loro.
La Pezzopane vive la sua funzione pubblica fino all’estremo tanto da sentire su di sé una responsabilità riflessa per non aver ostacolato la massiccia dose di tranquillità che la Commissione Grandi Rischi aveva diffuso “Sai, nel tuo intimo, che non potevi fare nient’altro, non avevi il potere di farlo. E resta in te, sempre, questo dubbio. Ti giustifichi: io non potevo fare l’ordinanza di sgombero, non la potevo chiedere. E subito dopo ti dici: e se facevamo i matti e la chiedevamo?”.
Ed una domanda ritorna frequente, un interrogativo corale di tutta la città per cui nel passato, alle prime scosse, tutti uscivano fuori dalle proprie case “Cosa ci ha fatto smarrire la nostra antica saggezza, la nostra consuetudine con il rischio sismico?”. Ma non c’è tempo per il rammarico, per le parole, c’è da svolgere il proprio ruolo, c’è la gente, la propria gente, a cui bisogna rispondere, dare indicazioni, organizzarla, darle la forza di reagire “Spesso ripensando a quei giorni mi tremano le mani, allora non me lo potevo permettere, e non tremavano: una reazione di pancia, che nasceva dal legame profondo con la mia terra e la mia gente”.
E’ l’Istituzione che detta le regole, ma la donna mette la sostanza. E’ la lezione del femminismo, saper intuire anche nelle situazioni più tragiche la via da seguire, saper arrendersi alla vita ed ai suoi accadimenti, saper essere con essa più duttile al fine di avere capacità maggiori di dare risposte.
Da qui il coinvolgimento pieno nel percorso dell’emergenza, essere presente sempre e ovunque, accettare la realtà ma guardare al domani, respingere le false promesse per essere partecipe di nuove progettualità, sollecitare la ricostruzione di un territorio ma con maggiore attenzione a com’era.
Ed infine la memoria, per non dimenticare la nostra storia, i nostri morti, non assuefarsi “Ogni giorno dobbiamo fare in modo di riappropriarci di qualcosa del nostro passato, delle nostre belle abitudini di vita di provincia”.
La vita sembra sospesa, ma ognuno di noi deve ripercorrere il tracciato di ieri per un nuovo domani.
(Nella foto Gianfranco Giustizieri)


15 Febbraio 2010

Categoria : Cultura
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