Lo sfogo degli aquilani
L’Aquila – (di A.R.) – Si sono ritrovati pacificamente in Piazza Duomo, a mezzogiorno, i cittadini indignati dell’Aquila. Pacificamente si sono poi diretti lungo il corso Vittorio Emanuele fino al blocco dei Quattro Cantoni. Per fare non solo “una passeggiata in centro”, ma per “riprendersi”, come dicono, la propria città, il “loro” centro storico sigillato da troppo tempo per i lavori di messa in sicurezza. Al crocevia dei Quattro Cantoni l’esasperazione si sfoga dopo qualche minuto di titubanza. “E’ la nostra città, perché non possiamo vederla? Riapritela, è chiusa da troppo tempo!”. I soldati provano a dire che è per motivi di sicurezza che le strade non sono accessibili, ma loro: ”Può entrare Vespa con le telecamere e noi non possiamo?”. Qualcuno toglie il fil di ferro e forza le grate. Tra militari e agenti di polizia un po’ sorpresi i cittadini entrano così nella zona rossa, verso Piazza Palazzo, già sede anche del Municipio. La valvola di sfogo si apre così, tra le grida che si fanno più alte: “E’ la nostra città! Ridatecela!”.
E’ l’indignazione provacata dall’affaire Bertolaso e dalle intercettazioni rese note nei giorni scorsi. Ci sono aquilani che non si fidano troppo e che temono per la ricostruzione, “che ancora deve cominciare”. Se la prendono con la Commissione Grandi Rischi, che poco o niente ha fatto per prevenire il disastro, mentre tranquillizzava la popolazione che nulla di grave sarebbe successo: “Gli sciacalli stanno a Roma! Non c’è pericolo, dicevano!”.
I cittadini si riprendono così d’autorità un pezzo di centro, per circa un’ora. Qualcuno gira in bici. Piazza Palazzo è coperta quasi interamente da mucchi di detriti. Qui il Consiglio Comunale tenne una seduta straordinaria il dicembre scorso, più che altro simbolica. E oggi questa gente se la prende anche con gli amministratori locali, vogliono sapere che ruolo hanno a che stanno facendo: “Dove sta il sindaco?”. Vedono l’abbandono tutto intorno: ”Guardate: l’immondizia a Piazza Palazzo!”.
Qualcuno sale sui cumuli di macerie, hanno appesi al collo cartelli con scritto: “6 aprile Io non ridevo”.
Non dimenticano la gratitudine, ci tengono a sottolineare il “rispetto per chi ha lavorato duro e silenziosamente in questi mesi: i Vigili del Fuoco e i volontari della Protezione Civile che hanno soccorso la popolazione, che hanno lasciato le loro case per aiutarci”, ma sono fortemente amareggiati, e non si fidano. Poi un po’ alla volta vanno via, con i loro dubbi sulla ricostruzione che non vedono, con i timori sul futuro della città e le poche risposte che chi ha la responsabilità politica fornisce loro.
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