Con Nardecchia finisce un pezzo di storia aquilana
Un lungo corso come amministratore civico, figura di spicco nel mondo musicale e culturale-
di Goffredo Palmerini
L’Aquila – E’ deceduto ieri sera, domenica 5 marzo, all’età di 84 anni. Con la dipartita di Ottavio Ludovico Nardecchia un pezzo di storia aquilana finisce: per il ruolo esercitato per cinque lustri come stimato amministratore civico, per le funzioni apicali nel mondo musicale svolte per 22 anni come Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, fino al 2010, e poi come Presidente onorario di quella stessa istituzione. E ancora, per l’attività in seno alla Confraternita dei Devoti di Sant’Agnese, nella stagione di rinascita di quella singolare e antica tradizione della Maldicenza agnesina. Questi i ruoli di preminenza. Ma Ludovico Nardecchia è stato ben dentro in molteplici ambienti della vita cittadina, dalla politica alle istituzioni, dalla cultura allo sport, connotando un significativo tratto della storia della nostra Città con la sua intelligenza, con la tenacia tipica degli aquilani provenienti dal Contado, con l’arguzia e il particolare senso dell’ironia, con la sua forte capacità di relazione e con la signorilità del tratto.
Originario di Monticchio, una delle 64 frazioni dell’Aquila, Ludovio Nardecchia era entrato in politica nelle file della Democrazia Cristiana. Presto aveva conquistato nelle elezioni del 1956, giovanissimo, uno scranno di consigliere comunale nella vecchia sede municipale, già monastero celestiniano di Santa Maria dei Raccomandati. Riconfermato con largo consenso popolare nei quattro consecutivi mandati, ricoprì più volte l’incarico di assessore in tutti i settori dell’amministrazione civica, nelle varie Giunte dei sindaci – non “provvisori” – succedutisi da quell’anno fino al 1980 (Federico Trecco, Francesco Gaudieri, Umberto Albano, Tullio de Rubeis, Giovanni De Santis, Tullio de Rubeis 2, Ubaldo Lopardi).
Candidato sindaco in pectore nelle elezioni amministrative del 1975 – allora non c’era l’elezione diretta del sindaco -, con la subìta flessione della Dc nei risultati elettorali, quella legittima aspirazione di Nardecchia si trovò di fronte al muro alzato dai partiti della coalizione (Psi, Pri, Psdi). Come pure del Pci che, per la prima volta, sperimentava proprio all’Aquila l’ingresso in maggioranza con la Dc, sebbene non direttamente in Giunta, anticipando d’un anno quanto sarebbe avvenuto a livello nazionale tra il Pci di Berlinguer e la Dc di Zaccagnini. Nel 1976, negli anni del terrorismo, quella svolta politica portò infatti al voto d’astensione del Pci nei confronti del 3° governo Andreotti, e poi il 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro artefice di quell’operazione, all’appoggio esterno al 4° governo Andreotti.
Con l’intesa del pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pri e Pci) su Ubaldo Lopardi sindaco, a Ludovico Nardecchia fu assegnata la delega di vicesindaco, un ruolo che sempre considerò stretto, rispetto alle sue oneste aspettative, anche in ragione dell’ampio consenso personale raccolto. E tuttavia operò con la consueta saggezza e la lunga esperienza d’amministratore. Questo suo ultimo mandato al Comune dell’Aquila, per chi scrive fu invece il primo di sei mandati, lunghi 28 anni, svolti fino al 2007, con un’interruzione dal 1990 al ‘94. Condivisi con Ludovico quei cinque anni a Palazzo Margherita, con una Dc un po’ ridimensionata nei voti e nel ruolo (sebbene forte di 16 consiglieri su 40), in una stagione politica di forte impegno ideale e programmatico. Nel 1976 mi venne affidata la responsabilità di capogruppo consiliare della Dc. Ero assai giovane per un ruolo che richiedeva maturità ed esperienza. Eppure ricordo che fu proprio Ludovico Nardecchia a proporre al gruppo consiliare il mio nome, argomentando e sostenendolo con calore. Nel ‘78, a seguito di frizioni tra i partiti della coalizione, si consumò la rottura dell’alleanza, con la conseguente nascita della prima amministrazione di sinistra al Comune dell’Aquila, con 21 voti. Sindaco sempre il sen. Lopardi, il Pci entrò in Giunta con Antonio Centi vicesindaco e la maggioranza costituita da Psi, Psdi e Pri. La Dc all’opposizione.
Fu per Ludovico Nardecchia, come si diceva, l’ultimo mandato al comune dell’Aquila, avendo egli rinunciato nel ‘80 a ricandidarsi nella consultazione vittoriosa per la Dc che portò alla nascita della terza Amministrazione di Tullio de Rubeis, della quale per l’intero quinquennio fui assessore. Ludovico seguì invece assai attivamente la vita di partito, egli sempre vicino al sen. Achille Accili che in quegli anni, insieme a Luciano Fabiani, guidava la componente di sinistra in seno alla Dc. Ed altrettanto fervore Nardecchia dedicò ad altri campi d’impegno, dove ha sempre tracciato un segno rimarchevole. Nel lavoro, dapprima come funzionario direttivo dell’Inam, poi continuato come dirigente della Regione Abruzzo. Ma sopra tutto in campo musicale, assumendo la presidenza dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese e guidando poi fino al 2010 – assieme a Vittorio Antonellini direttore artistico – una lunga serie di importanti successi per il prestigioso ente. Subentratogli Antonio Centi alla guida dell’ISA, i suoi meriti venivano riconosciuti con il conferimento della Presidenza onoraria dell’ente, conservata fino ad oggi. L’attivismo sociale di Nardecchia non ha conosciuto mai pause. Va inoltre segnalato l’impulso impresso, unitamente a Tommaso Ceddia e Angelo De Nicola, alla rinnovata “stagione” culturale della Festa di Sant’Agnese, che ha portato l’antica tradizione aquilana all’attenzione nazionale. Come pure vanno ricordate le molteplici iniziative che lo hanno visto protagonista nel sostenere le principali discipline sportive della Città e l’attenzione verso la nostra montagna, una delle sue passioni più autentiche.
Ludovico Nardecchia sapeva ascoltare e dialogare con i cittadini. Sapeva stare tra la gente. Un’abitudine ormai in disuso, ora che imperversano i social network e altri media. Era un tratto deciso della sua indole, allenato fin dai primi anni del suo impegno pubblico. Attento ai temi sociali. Con garbo e gentilezza. Con la sua bonomia, la simpatia, la spiccata capacità a tessere relazioni ed a porsi al servizio di tutti. Questa, in fondo, la cifra del suo lungo impegno sociale, politico e culturale per la Città, cui ha dato tutto il suo tempo. Questa la chiave del vasto consenso che i cittadini aquilani, molti proprio del Contado dal quale egli era partito, gli hanno tributato in ogni consultazione elettorale. Lo ricorderemo con il suo sorriso, la voce pacata e suadente, la sua cortesia. A sua moglie Laura e al figlio Giovanni l’orgoglio di custodirne il ricordo. Agli aquilani un buon esempio di cittadino impegnato e di accorto amministratore civico.
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