Prof. G.Sappa: “Giusta cura e manutenzione” per le dighe e nessun allarmismo


NELLA FOTO LA DIGA SULLA FAGLIA A CAMPOTOSTO –
L’Aquila – (F.C.). Nessun allarmismo sulle dighe distribuite sul nostro territorio ma esigenza invece di “giusta cura e manutenzione” di questi impianti. E’ quanto dice il professor Giuseppe Sappa, docente di geologia applicata e idrogeologia alla facolta’ di ingegneria civile ed industriale della Sapienza di Roma e responsabile della sede di Rieti della stessa facolta’. A giudizio di Sappa il riferimento alla tenuta delle dighe italiane fatto dalla Commissione Grandi Rischi venerdi’ sera al termine della riunione sul rischio sismico e’ stato “frettoloso, un’uscita fuori luogo” perche’ – spiega all’AGI – le nostre dighe “sono progettate per resistere a un terremoto con magnitudo 8 della scala Richter”. E il paragone con la tragedia del Vajont venuto fuori successivamente in dichiarazioni “non sta in piedi”. La Commissione Grandi Rischi si e’ soffermata in particolare sul fatto che la sequenza sismica avviatasi il 24 agosto scorso non e’ ancora esaurita, non c’e’ evidenza di segnali in tal senso, ed anzi c’e’ il rischio che possa verificarsi un terremoto di magnitudo fino a 7 lungo la faglia che corre da nord-ovest a sud-est, tra il Monte Vettore e il Monte Gorzano, dove non si sono registrati terremoti recenti di grandi dimensioni. Il tratto che preoccupa i sismologi e’ quello che va da Montereale all’Aquila, un’area dove ci sono anche tre dighe, nel lago di Campotosto che rappresenta il secondo bacino idroelettrico piu’ grande in Europa con i 14 chilometri quadrati, e distante una quindicina di chilometri ad est degli epicentri della sequenza ravvicinata di forti scosse registrate una settimana fa, il 18 gennaio. Il prof. Sappa piu’ che soffermarsi sulle dighe preferisce puntare su quella che definisce la “cura ordinaria nella difesa del territorio e del suolo”, che riguarda anche le dighe, e questa si puo’ fare “anche con risorse limitate ma che dimentichiamo troppo spesso di mettere in pratica”. E questa rappresenta “la prima prevenzione”. Non e’ tanto un evento sismico che puo’ creare situazioni critiche, quanto gli effetti che esso puo’ comportare, amplificando pericoli naturali esistenti, e non curati con la giusta attenzione”. Il docente di geologia e idrogeologia fa degli esempi: la deforestazione, la perdita di vegetazione e di arborizzazione dei versanti, il consumo di suolo, non aiutano la tenuta dei versanti stessi; la mancata rimozione degli ostacoli dei corsi d’acqua e’ un altro elemento che non gioca a favore, tanto e’ vero che anche in caso di fenomeni idraulici non eccezionali le principali esondazioni sono dovute alla presenza di ostruzioni. “Basterebbe gia’ tener conto di questo per avere risultati positivi”, la constatazione di Sappa, che prende ad esempio anche quanto accaduto nei giorni scorsi con le nevicate abbondanti: “In altri posti, per non dire di altri Paesi, non si fano depositare al suolo nemmeno 5 centimetri di neve…senza intervenire con la rimozione”, sottolineando cosi’ una volta di piu’ il tema della prevenzione. Anzi “la cultura della prevenzione sta nel cercare di recuperare tutta una serie di attivita’ ordinarie che si sono perdute nel tempo. Allo stesso tempo ci siamo mai chiesti a quanto ammonti l’investimento del ministero dell’Ambiente negli ultimi 10 anni per l’aggiornamento dei piani di bacino e poi per la redazione dei Piani di Distretto rispetto a quanto investito nel decennio precedente? Si e’ investito troppo poco, negli ultimi anni, sugli studi di valutazione del rischio idraulico ed idrogeologico”. E tornando alla questione dighe, per Sappa se l’allarmismo “e’ davvero fuori luogo”, al tempo stesso “i gestori delle dighe hanno oggi l’occasione per spiegare bene lo stato di salute delle stesse. Per esempio dirci qualcosa sullo stato di rimozione dei depositi di fondo in questi bacini artificiali, e sullo stato di manutenzione delle dighe stesse”.


24 Gennaio 2017

Categoria : Attualità
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