Il disastro del Vajont fu tutt’altra cosa


L’Aquila – (G,C,) – Chi seguì da giornalista, anche sul posto, le fasi successive della frana del Vajont (2000 morti e danni immensi), e poi il processo al tribunale dell’Aquila, si rende conto che il riferimento al lago di Campotosto è quanto meno inappropriato.
Il bacino idroelettrico del Vajont, oltre 100 milioni di metri cubi di acqua contro i 300 di Campotosto, è circondato da montagne alte e impervie, alcune delle quali a picco sul lago. Fu una di queste, il Monte Toc, a franare nel lago sollevando un’onda catastrofica che distrusse paesi e valle del Piave per chilometri.
La diga rimase in piedi. La frana riguardava un versante di Monte Toc, era enorme e si preannunciò con crepe, fenditure del terreno, slittamenti di interi boschi, terremoti locali e tremori – L’invaso troppo pieno ne causò il collasso. Il paesaggio era totalmente diverso da quello di Campotosto, che si trova su un altopiano con montagne distanti e pendenze costiere quasi inesistenti.
Effetto Vajont, quindi, frase inappropriata.
Se poi si teme un danno ad una delle tre dighe, dovuto ai terremoti, il discorso è differente. In questo caso, bisognerebbe ipotizzare lo svuotamento del bacino, con conseguenze difficili da immaginare. Campotosto produce infatti una quantità rilevante di energia elettrica immessa in rete anche molto lontano dall’Abruzzo.
Grandi turbine sono sotto il fondo del bacino, collegate all’esterno con un tunnel che sbocca presso Provvidenza. Un impianto imponente e un’opera di grande ingegneria, che forse andrebbe conosciuta dai cittadini.


23 Gennaio 2017

Categoria : Attualità
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