Fabrizia, il dolore e l’affetto dei sulmonesi
SE I POLIOTICI SI TERRANNO LONTANI DAI FUNERALI, FARANNO LA COSA MIGLIORE –
Sulmona – Oggi la città è semideserta, le luci natalizie sono spente, davanti al monumento ai caduti sono accesi centinaia di lumini. Annullate o rinviate molte feste e iniziative natalizie.
Domani i funerali di Fabrizia nella chiesa cattedrale, dove si recheranno a migliaia per l’addio alla ragazza uccisa nel terrorismo a Berlino. Nella metropoli nordica la giovane abruzzese era arrivata sorridendo e subito vi si era ambientata, trovanddovi la sua strada, o almeno l’inizio di una possibile evoluzione lavorativa adeguata ai suoi titoli.
Nel cuore dell’Europa, che- – rispetto ai giovani almeno – vive cent’anni avanti rispetto alle meschinerie italiane, alle paludi della nostra politica e della burocrazia, la ragazza di Sulmona, l laureata e in possesso di numerosi e qualificati titoli, aveva dovuto recarsi per lavorare. A casa sua o in altri luoghi dell’Abruzzo non avrebbe trovato nulla, come tanti altri giovani cervelli, oppure umiliarsi nelle raccomandazioni e nelle anticamere presso le sedi politiche. Sentirsi magari presa in giro e guardata dall’alto in basso.
A Berlino lavorava e aveva prospettive di carriera: le avrebbero riconosciuto come sempre avviene fuori dall’Italia meriti e capacità , titoli e propensioni.
La salma è nella casa di famiglia, dove si recano silenziosi molti amici e conoscenti. E’ l’affetto della città , non quello affettato ed esibizionista che si sarebbe avuto in una camera ardente in luogo pubblico. L’ultima notte di Natale se n’è andata, Fabrizia forse l’ha guardata dall’alto, pensano in tanti.
(Ndr) – La famiglia di Fabrizia ha molta dignità e compostezza esemplare. Altrettanta dignità dovrebbe avere la politica abruzzese, astenendosi dalla presenza ai funerali, domani. Non dovrebbe esserci alcun politico. Sarebbe un sdegno di rispetto e di contrizione nei confronti di una ragazza costretta, come tanti altri giovani, a lasciare casa, amici e parenti per andare altrove a lavorare. A far valere i suoi titoli., rifiutando umiliazioni, dinieghi, magari un misero precariato, ma soprattutto rifiutando di dire grazie ai potenti e potentini locali.
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