Memoria e appartenenza, quattro secoli di arte sacra
(Iinterventi di Goffredo Palmerini e Angerla Ciano)
L’AQUILA – E’ stata inaugurata il 7 dicembre scorso dalla Fondazione Carispaq la mostra MEMORIA E APPARTENENZA – Arte sacra all’Aquila tra il XV e il XIX secolo nella collezione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila – BPER Banca, allestita a L’Aquila presso l’Auditorium Elio Sericchi – sede BPER Banca – in via Pescara 4. Resterà aperta al pubblico fino al 5 febbraio 2017.
Al vernissage dell’esposizione sono intervenuti, con contributi che hanno tratteggiato la rilevanza dell’evento, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, il presidente della Fondazione Carispaq Marco Fanfani, il direttore dell’Area territoriale adriatica di BPER Banca Guido Serafini, lo storico dell’arte e docente dell’Ateneo aquilano Michele Maccherini, e la curatrice della mostra Angela Ciano, che ha coordinato gli interventi. Il prof. Maccherini, in particolare, con singolare efficacia ha illustrato le opere in mostra ed i loro autori, e il filo rosso che le unisce, percorrendo la storia dell’arte dei quattro secoli interessati, infine concludendo come “tutto si tiene”.
L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Carispaq in collaborazione con BPER Banca, è un’accurata selezione delle opere della collezione Cassa di Risparmio dell’Aquila che, per la prima volta, vengono esposte al pubblico con l’intento di far conoscere il ricco patrimonio d’arte e cultura raccolto nei suoi 150 anni di storia. Un prestigioso patrimonio d’arte che la Fondazione, grazie ad un comodato d’uso con BPER Banca, intende valorizzare con questa ed altre importanti iniziative. La mostra, curata dalla storica dell’arte e giornalista Angela Ciano, propone quattordici opere – dodici dipinti, un disegno ed una scultura – che ripercorrono quattro secoli di storia dell’Aquila e del suo territorio. Nella selezione di capolavori esposti si ricompone la vicenda d’una città in un percorso cronologico che ricuce fatti e personaggi d’una storia lunga e preziosa che, attraverso le stesse opere d’arte proposte nella mostra, diventa memoria condivisa.
Nomi di primo piano tra gli artisti presenti in mostra, come Saturnino Gatti, Giovanni da Lucoli, Maestro dei Polittici Crivelleschi, Cola dell’Amatrice, i quali hanno contribuito “…alla grande stagione di potere e splendore dell’Aquila. Il periodo tra la seconda metà del XIV secolo e i primi decenni del XV fu quello in cui si sviluppò la cosiddetta “scuola aquilana”, il momento più alto del Rinascimento Aquilano e Abruzzese.”, annota Angela Ciano.
Tra la seconda metà del XIV secolo e i primi decenni del XV, infatti, si sviluppò la cosiddetta “scuola aquilana”, uno dei momenti più alti del Rinascimento Abruzzese. Ne sono una testimonianza alcuni capolavori come la Madonna col Bambino di Saturnino Gatti, che rappresenta il periodo fiorentino passato presso la bottega del Verrocchio, oppure il grande Polittico del Maestro dei Polittici Crivelleschi.
L’immagine guida dell’esposizione è rappresentata dalla “Madonna in trono con Bambino tra i santi Pietro, Gennaro e Francesco d’Assisi”, dipinto su tavola di Nicola Filotesio detto Cola dell’Amatrice. Ma la mostra propone anche opere di Luca Giordano, Mattia Preti, Francesco Solimena, Francesco De Mura, Vincenzo Damini e Teofilo Patini, che narrano una storia fatta di dominazione e impoverimento, di terremoti e rinascite, nel corso della quale le famiglie gentilizie aquilane hanno dato impulso al fenomeno del collezionismo, portando nel tempo nella città capitale d’Abruzzo artisti di risonanza internazionale. La mostra, inoltre, espone un bozzetto di Teofilo Patini riguardante la grande pala d’Altare “San Carlo Borromeo che visita gli appestati”, che era situato nella Cattedrale dell’Aquila e poi distrutto dal terremoto del 2009. Una testimonianza, questa, che vale come forte incitamento alla rinascita di questa città e di tutte le altre che hanno vissuto e stanno vivendo la stessa tragica esperienza.
Nel grande valore in sé dell’iniziativa, l’esposizione è solo un esempio del ricco scrigno di tesori d’arte che L’Aquila può offrire al godimento dei suoi cittadini e ai visitatori. E ancor più è un esempio – tra tanti – di quanto la provincia italiana in generale possiede in termini di ricchezze d’arte e cultura, spesso poco conosciute, che la rendono davvero un intrigante campo di scoperta mai esausto. Un autentico cespite su cui investire il proprio sviluppo. L’esposizione è accompagnata da un bel catalogo, realizzato dalla Fondazione, recante testi di Angela Ciano, Michele Maccherini, Maddalena Piccari, e immagini delle opere curate dal fotografo Luciano D’Angelo. L’esposizione è visitabile nei giorni feriali (ore 15.00 – 18.00) e nei festivi (ore 10.30 – 12.30 e 15.30 – 18.00), con ingresso libero. Qui di seguito, con il consenso dell’autrice, si propone il bel contributo in catalogo di Angela Ciano, scrupolosa curatrice della mostra.
Goffredo Palmerini
LA MEMORIA RITROVATA
Arte Sacra all’Aquila tra il XVI e il XIX secolo
di Angela Ciano
Una collezione d’arte è sempre, un cammino, un viaggio che si intraprende nella bellezza e nella unicità del fatto artistico. Molto spesso essa ricompone il gusto e le inclinazioni del committente/collezionista; molto spesso invece, in una collezione si ricompone il mosaico della storia di un determinato luogo e della sua arte, ovvero della sua MEMORIA. E’ quello che avviene nella collezione d’arte ex Carispaq oggi BPER che è un cammino nella storia e nella memoria collettiva alle ricerca dell’appartenenza di ognuno al suo territorio. E’ questo il senso della mostra “Memoria e Appartenenza – Arte sacra all’Aquila tra il XVI e il XIX secolo nella collezione ex Carispaq” che la Fondazione Carispaq vuole condividere principalmente con una comunità da sette anni alla ricerca di quel senso di appartenenza che è legame imprescindibile con la tua città, con il tuo luogo.
Nell’anno in cui Papa Francesco ha voluto il Giubileo Straordinario della Misericordia Fondazione Carispaq e Bper hanno voluto, a loro volta, offrire un’occasione unica ed imperdibile di viaggio o cammino nella storia dell’arte dell’Aquila e del suo territorio. Nella selezione di opere esposte si ricompone la storia di secoli in cui la città ha vissuto il suo massimo splendore e potere, ma anche la sua decadenza e impoverimento. Un percorso cronologico che ricuce fatti e personaggi di una storia lunga e preziosa che attraverso le opere d’arte esposte diventa, di nuovo, memoria condivisa come necessario momento di incontro e, in questi anni di lacerazioni sociali di una comunità violentemente allontanata dalla propria storia per effetto del sisma del 6 aprile 2009, di scambio delle proprie personali memorie.
Ed è questo il senso di una mostra che fa riemergere nomi e vicende di artisti che hanno caratterizzato, con il loro lavoro, secoli ancora oggi leggendari. Saturnino Gatti, Giovanni da Lucoli, Maestro dei Polittici Crivelleschi, Cola dell’Amatrice, Girolamo Da Vicenza per iniziare, nomi di personalità che contribuirono alla grande stagione di potere e splendore dell’Aquila. Il periodo tra la seconda metà del XIV secolo e i primi decenni del XV fu quello in cui si sviluppò la cosiddetta “scuola aquilana”, il momento più alto del Rinascimento Aquilano e Abruzzese. Opere come la Madonna con Bambino (1485 – 1490) di Saturnino Gatti, acquistata negli anni settanta del secolo scorso dalla Carispaq, dimostrano come all’Aquila questi artisti con le loro botteghe, fossero al passo con i tempi, informati e non isolati rispetto alle ricerche che personalità ben più note portavano avanti negli stessi anni.
Così questa tavola, tanto conosciuta e cara agli aquilani, rappresenta proprio il momento cardine della vita di Gatti, il ritorno in città dalla Firenze Medicea dove si formò nella bottega del Verrocchio insieme ad artisti come il Ghirlandaio, il Pollaiolo o Leonardo. Non di meno nel racconto di questa mostra l’incontro con lo splendido Polittico attribuito dallo storico dell’arte Ferdinando Bologna ad una personalità identificata come Maestro dei Polittici Crivelleschi (intendendo la diretta discendenza da quella scuola che ebbe origine dal pittore Carlo Crivelli che a metà XV secolo divenne di fatto il più importante artista attivo sul bacino dell’Adriatico) che nella sua illuminante definizione rappresenta “un isolato episodio di crivellismo ad occidente del Gran Sasso”, è tappa fondamentale per capire che tipo di clima si respirasse in città alla fine del Quattrocento.
Un clima così aperto e fecondo che richiamò l’attenzione di un altro grandissimo artista, oggi più noto perché legato alla sua città natale distrutta dall’ennesimo forte terremoto che sconvolge la catena appenninica, quel Nicola Filotesio detto Cola dell’Amatrice che nel secondo decennio del XVI secolo ottenne la sua commissione più importante: la progettazione della facciata della grande Basilica dedicata a San Bernardino da Siena, morto all’Aquila nel 1444, la cui costruzione segnò il cambiamento in senso moderno, secondo lo storico Raffaele Colapietra, della società aquilana. Di questo grandissimo artista la mostra propone due oli su tavola che provengono dal territorio di Ascoli Piceno e quindi molto più vicini all’esperienza ascolana del nostro, ma che nondimeno “ sono pregevole testimonianza della grande qualità pittorica espressa da Cola nel secondo decennio del Cinquecento, laddove sembrano convivere perfettamente alcune asprezze di marca tipicamente crivellesca, con inserti prelevati dalla cultura antiquaria romana” (Michele Maccherini in “L’arte aquilana del Rinascimento” ed. L’Una, L’Aquila 2010).
Il periodo di maggiore splendore all’Aquila si chiude nel trentennio del Cinquecento, quando l’invasione delle truppe di Carlo V e la dominazione degli spagnoli posero fine alle aspirazioni di autonomia e libertà di una città che aveva basato proprio su questo il suo sviluppo. L’arte però sembra risentirne solo molto più tardi e per effetto di un altro grave colpo inflitto alla già piegata comunità aquilana: il terremoto del 1703 che rase al suolo la città e decimò la popolazione. Quella rinascita segnò anche l’arrivo di maestranze da tutto il paese e con esse artisti che trovarono, in un nuovo necessario fervore, committenze e gloria. Così la Collezione ex Carispaq pone a confronto alcune tra le più grandi personalità italiane del seicento, che all’Aquila erano molto noti se non di casa, grazie allo spirito del collezionismo che le grandi e potenti famiglie aquilane avevano sempre incentivato. Così incontriamo Luca Giordano e Mattia Preti, due pittori post caravaggeschi tra i maggiori esponenti di quella scuola napoletana che tanto seguito ebbe nel XVII secolo.
Nel XVIII secolo poi, tra le personalità più conosciute presenti in mostra si rivela con tutta la sua forza, quella del veneziano Vincenzo Damini che all’Aquila arrivò nel 1737 e vi rimase fino alla morte, avvenuta dodici anni dopo, lasciando tracce nelle chiese, nelle confraternite, nei più importanti palazzi gentilizi. La mostra chiude con due opere di soggetto sacro del pittore ottocentesco Teofilo Patini, originario di Castel di Sangro, fondatore all’Aquila della Scuola di Arti e Mestieri e più noto per i soggetti di verismo sociale di cui egli fu principale esponente; una di esse raffigura San Carlo Borromeo che visita gli appestati. E’ il bozzetto dell’omonima grande Pala d’Altare che si poteva ammirare nella Cattedrale dell’Aquila; il terremoto del 2009 ne ha fatto scempio ed essa è uno dei tesori che quell’evento ha cancellato per sempre. Ci resta questa testimonianza come MEMORIA mai persa, come incitamento alla rinascita di questa città e di tutte le altre che hanno vissuto la stessa dolorosa sorte.
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