La forza e la debolezza dell’Abruzzo


Pescara – Roberto Campo, UIL Abruzzo, scrive: “Banca d’Italia, CRESA, SVIMEZ, Prometeia, ISTAT, INPS: nonostante le tante fonti disponibili per farsi un’idea di come vanno le cose in Abruzzo – l’economia, l’occupazione – , prevale nella nostra regione l’enfatizzazione in positivo o in negativo, a seconda se si è al governo o all’opposizione, di singoli dati, senza tenere conto del disegno d’insieme. Capita così che si passi dall’euforia delle forze di governo nel commentare l’occupazione nel II trimestre del 2016 all’euforia delle forze di opposizione nel commentare l’occupazione nel III trimestre del 2016. In realtà, però, dietro l’altalena apparente dei dati, ci sono alcuni elementi di analisi consolidati, positivi e negativi, che andrebbero sempre tenuti presente.
Quel po’ di ripresa che si manifesta anche in Abruzzo dal 2015 è debole rispetto ai cali pesanti subiti nel corso della crisi, soprattutto nel 2013-2014. Senza dimenticare che l’Abruzzo è andato molto male anche prima della crisi, dal 2000. Qui c’è da notare che un po’ di confusione l’ha fatta SVIMEZ, che parla di una crescita significativa del PIL nel Sud e soprattutto in Abruzzo nel 2015, ma limitata nel tempo, già svanita nel 2016-17. Tra le spiegazioni, gli effetti della coda della programmazione 2007-2013. A noi pare che SVIMEZ abbia valutato più grande di quello che è una bolla, positiva sì, ma transitoria. Più convincente l’analisi di Banca d’Italia, che parla di un 2015 di lieve recupero dopo il forte calo degli anni precedenti, ma, dice, citando Prometeia, in misura inferiore al dato medio nazionale.
Quello che di buono si muove in Abruzzo, viene dalle grandi imprese. I dati che commenta Banca d’Italia dimostrano che l’individuazione fatta per la programmazione 2014-2020 delle eccellenze produttive regionali – cosidetta Strategia delle 3S – è quella giusta: automotive sopra tutti, poi elettronica, chimica farmaceutica, alimentare. Stona solo, purtroppo, il tessile-abbigliamento-calzaturiero, che prende colpi tremendi. Queste eccellenze guidano l‘export, gli investimenti, l’occupazione (un po’). Ma l’altra economia, le piccole imprese, i servizi, l’artigianato, ristagna, si frammenta ulteriormente, non ce la fa. E la somma delle due economie, quella che va e quella che non va, dice che l’Abruzzo non va sufficientemente bene.
Veniamo all’occupazione: un trimestre meglio, uno peggio, resta il dato di fondo. Il fortino dei 500mila occupati, sbrecciato nel corso della crisi, non si sta ricostruendo. Il calo degli occupati di circa 25mila lavoratori è diventato strutturale, verso l’alto si registra qualche picco, ma non permanente.
Cosa fare: alcune cose sono state dette e ridette, vanno solo fatte. Investimenti: finalmente sta partendo qualcosa della nuova programmazione, vogliamo vedere quanto prima i cantieri che si aprono e le nuove assunzioni. Percorso di eliminazione della fiscalità di svantaggio: vediamo se si riesce a fare il primo passo con questa legge di bilancio. Piccole imprese: dobbiamo fare un intervento deciso, sul credito ma non solo, da concordare con le associazioni di questi piccoli imprenditori, anche rimodulando risorse. A proposito di risorse: prendiamo atto che in occasione degli incontri con il Presidente del Consiglio e con il Ministro allo Sviluppo Economico, solo il sindacato ha ricordato al Governo l’impegno non mantenuto a compensare con 133 milioni aggiuntivi di FSC il taglio di risorse europee subito dall’Abruzzo. Un altro intervento nel mondo delle piccole imprese andrebbe fatto per potenziare gli indotti locali dei grandi gruppi presenti in Abruzzo, con politiche di attrazione investimenti finora solo annunciate. Bisognerebbe, poi, cogliere l’occasione di Industria 4.0 anche per vedere come andare oltre le eccellenze esistenti: per adesso abbiamo almeno recuperato la partecipazione dell’Abruzzo al programma, vorremmo si discutesse di quali obiettivi porsi.


12 Dicembre 2016

Categoria : Economia
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