Nabokov torna con scandaloso “ardore”
(di Carlo Di Stanislao) – L’opera di Nabokov gioca sempre su diversi territori di frontiera: quello della patria perduta che non si può oltrepassare se non nel sogno (Nabokov è un grande scacchista) e mettendo a repentaglio la propria vita (La meprise, 1931-1932); quello del passato inappellabile, ma rimasto aperto alle memorie e alla nostalgia; quello, pericoloso, da trasgredire e perciò pieno di seduzione, della realtà e dell’immaginazione che si rimandano nel gioco di specchi di cui sopra (Lolita) ; infine, costantemente trasformati, quelli della veglia e del sogno fusi nella narrazione. In questi territori che si toccano e si intrecciano, ogni romanzo esplora a suo modo ciò che il protagonista de L’occhio (1930) designa come la “struttura al centro della vita”, così miracolosamente trasparente e tuttavia visibile, come le nervature di un’ala di farfalla (Nabokov è uno dei maggiori esperti e collezionisti al mondo di lepidotteri: cioè farfalle). La recente ristampa (ottobre 2009), per i tipi dell’Adelphi di ” Ada o ardore “, pubblicato nel 1969, l’ultimo suo romanzo, ha scandalizzato di nuovo gli ambienti culturali, dal momento che la vicenda da esso rappresentata, l’amore tra gli adolescenti Ada e Van al quale si aggiunge poi anche quello della piu’ piccola Lucette è un rapporto incestuoso e lesbico oltre che a tre. E’ questa una scoperta alla quale il lettore viene condotto per gradi e dagli stessi protagonisti che sapranno di se’, del loro stretto legame di parentela quando ormai tutto e’ compiuto e lo stanno ripercorrendo nella memoria. La loro storia s’inizia nella vecchia America di fine ‘800 e si conclude in Svizzera e tra i due ambienti intercorrono tempi così lunghi da far identificare il primo con l’antichità e l’altro con la modernità. Quello sessuale, quindi, non è l’unico motivo di un’opera così vasta poiché altri, già comparsi in Nabokov, quali la memoria che ricorda, il tempo che cancella, la realtà che si frammenta, l’individualità che si sdoppia la passione per il gioco, ne sono costitutivi e, tuttavia, lo scrittore è stato accusato di deviazione e perversione: in “Ada” (1969 ) avrebbe completamente saltato quelle regole morali già violate nei precedenti “Lolita” (1955 ) e “Fuoco pallido” ( 1962 ). In tale atmosfera di condanna non si è tenuto conto che egli è stato un artista che fin dal suo primo apparire, quale autore diversi, si era mostrato incline a sperimentare nuovi modi e temi, ad accogliere e combinare in sé diverse lezioni. Così aveva continuato nei primi romanzi scritti in Russia dove evidenti erano stati i riflessi del grottesco gogoliano, dello sdoppiamento esistenziale dostoevskiano oltre che del genere letterario dell’assurdo, del poliziesco, del metaforico. Tale tendenza a risentire dell’esterno ed a cercare nuove soluzioni era stata ancora di Nabokov quando, dopo il 1917, aveva lasciato la Russia per soggiornare in Inghilterra, Francia, Germania, Stati Uniti, dove aveva preso la cittadinanza americana, ed infine in Svizzera, dove sarebbe morto. E’ il periodo seguente la prima guerra mondiale e negli ambienti culturali e artistici di lingua inglese, dove lo scrittore vive, le rivelazioni della psicanalisi di Freud vengono accolte come un invito a rivolgersi alle forze primordiali della natura, a rappresentare liberamente le passioni dell’uomo, i suoi istinti piu’ remoti anche se perversi poiché questa maniera si oppone a quell’intellettualismo che ormai domina nella cultura e nella letteratura e frena ogni libertà di pensiero ed espressione. Per tanto nella condotta libera e spregiudicata della bambina Emily figura comparsa in quegli anni nel romanzo ” Un ciclone nella Giamaica ” dell’inglese Richard Hughes, vanno rintracciati i primi segnali di quella che sarebbe stata la “Lolita” di Nabokov così scandalosamente nuova da far tanto discutere alla sua apparizione. Anche “Ada” s’inserisce in tale contesto pur trattandosi di un opera dove gli esperimenti di Nabokov diventano piu’ ardui perché vorrebbero far coesistere, si è detto, antico e nuovo, passato e presente, storia e cronaca, memoria e vita, candore e peccato, verità e menzogna, amore e sesso. In questi casi può succedere che la volontà di sperimentare predomini sull’esito dell’esperimento, che le tante parti preparate per esso non trovino un giusto equilibrio o una precisa collocazione e, quindi, che si fallisca negli intenti e si sfoci in una rappresentazione che sa d’immaginario, d’irreale. Qui sta il vero problema di “Ada”: un’immensa costruzione che si esaurisce e si confonde nella sua tensione ad essere necessariamente nuova, una lunga storia che finisce col farsi notare solo per i suoi aspetti piu’ evidenti, quelli sessuali, e per il resto risulti priva di concretezza. Ma questo pericolo corre ogni sperimentatore giacchè sperimentare vuol dire anche rinnovare ed in arte non è facile per venire in un breve giro di tempo o da parte di un solo autore a temi e modi tali che stabiliscano una nuova atmosfera e fissino una nuova maniera. Succede pure che un artista innovatore approdi ad opere definitive per un’epoca ma ricorre piu’ spesso il caso di Nabokov e, cioè, che si rimanga irretiti nelle proprie molteplici intenzioni ed operazioni e che siano i posteri a realizzarle in modo piu’ convincente. Resta incantevole e capace di destare eterna meraviglia lo stile letterario di Nabokov, uno dei più grandi del ‘900, uno stile obliquo, sinestesico, allusivo e pieno di allegorie. La vicenda è collocata in un “paese che non c’è”, una geografia fantastica, con toponimi allusivi e ironici che pare ricordare l’America, un luogo però in cui c’è una forte colonia di russi, che si muovono come se fossero in un loro territorio (oppure è così: sembra America, ma ci troviamo in Russia), spesso parlano tra loro in russo o in francese (lingua che gli intellettuali o gli aristocratici utilizzavano abitualmente), viaggiano, e anche i paesaggi o la fauna descritti appaiono difficilmente collocabili. La quinta parte del volume “non è da intendersi come un epilogo; è la vera introduzione” ad Ada o ardore, una cronaca familiare, dice l’autore; e le precedenti quasi seicento pagine raccontano le vicende, ripercorse mentalmente dal protagonista, e talvolta narratore, Van (che ha ormai novantasette anni) di una famiglia nell’arco di quasi un secolo se la passione, che appunto si dimostrerà eterna, tra Van e la cugina/sorella Ada è esplosa ancora in età infantile. Ma non è la trama l’elemento di maggiore interesse, anzi talvolta quasi infastidisce, perché l’attenzione del lettore è indirizzata dall’autore sul gusto quasi morboso del particolare, del dettaglio sia linguistico che descrittivo, sul gioco ad aggiungere, più che a elidere, sullo studio delle reazioni spesso mascherate e nascoste ad emozioni o a stimoli. Dall’erotismo più ingenuo (la scoperta del sesso nella giovanissima Ada), perversamente ingenuo, falsamente e volutamente casto, anche nella descrizione della “rivelazione” del sesso maschile, per quella bambina dai capelli lucenti di nera seta, alla sessualità raffinata e quasi feticista dell’età più adulta, in cui l’amore è anche tradimento o gioco e in cui i partecipanti possono/devono essere più di due perché la fantasia possa meglio esprimersi, in questo romanzo si dà spazio all’essere in atto e non, come spesso in Lolita, all’immaginazione e alla tensione all’atto. Ma non di meno i giochi mentali dei personaggi appaiono ininfluenti, anzi, ogni gesto è preceduto e seguito da mille fantasie, mille analogie, mille rimandi a pensieri, luoghi, circostanze, persone diverse. Questo romanzo di commiato è ardore, qualcosa di ancora più alto (secondo Nabokov) dell’amore; qualcosa che brucia, ma non consuma e non si consuma, qualcosa che può assopirsi, ma non spegnersi, e invece è fuoco vitale, linfa che sa attraversare le morti (necessariamente premature e tragiche), ma non si lascia uccidere. Un romanzo importante, questo di Nabokov, che pur nelle numerose citazioni, Proust innanzitutto, ricorda maggiormente Joyce e la sua concezione del tempo; un romanzo emblematico del peso e del ruolo della tradizione e nello stesso tempo della frattura irrimediabile che il Novecento ha compiuto (il tema del tempo, dello spazio e della relatività non è casuale). Il mondo dello spettacolo, il cinema, la letteratura, appaiono sfondo frequente alle azioni: la finzione all’interno di una situazione immaginaria, come il romanzo, crea un gioco di specchi sublime. Nel 2006 dal romanzo la Compagnia Teatrale Fanny&Alexander, ha tratto un adattamento intitolato “Ada, cronaca familiare” presentato alla XIª edizione del Festival delle Colline Torinesi, nel giugno luglio di quell’anno, con un’interessante gioco di rimandi tra le parole di Nabokov e la memoria dei luoghi e delle dimore creati dalla propria immaginazione durante la lettura.
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