L’Oishi Japanese Kitchen di Teramo nella guida dell’Espresso
Teramo – (F.C.). Cucina fusion che unisce tradizione “nippon”, sapori europei e materie prime d’eccellenza dei mari italiani: questi gli ingredienti del successo di Oishi Japanese Kitchen, l’unico ristorante di sushi selezionato per l’Abruzzo che, a solo un anno dall’apertura, e’ entrato nella prestigiosa guida enogastronomica dell’Espresso ‘I ristoranti d’Italia 2017′. Il merito va senz’altro, oltre alla sua cucina di livello, con una menzione speciale ai “perfetti uramaki e ai semplici ma deliziosi gamberi di Mazara”, al progetto visionario di due giovani imprenditori, Marco Mazzilli e Luca Di Marcantonio, che provengono dal mondo del food e del business entertainment. Rosetani di nascita, dopo aver studiato e lavorato fuori sede, si sono incontrati in Abruzzo e hanno puntato su una sfida apparentemente sfavorevole: aprire un sushi bar con piatti caldi nel centro di un piccolo capoluogo di provincia come Teramo e imporsi subito grazie a un’offerta di qualita’. Qualita’ che dipende soprattutto delle materie prime utilizzate, provenienti in parte dall’estero (ingredienti giapponesi come le alghe, il riso, ecc.) e in parte dall’Italia (pesce del Mediterraneo, pesce azzurro), realizzando composizioni equilibrate e creative, condite con elementi fatti artigianalmente, come la salsa di teriyaki. “I nostri menu’ sono basati sulla stagionalita’ dei prodotti: spesso e’ la natura a ispirarci, a permetterci di ideare un nuovo piatto, cosi’ ogni dettaglio non puo’ essere abbandonato alla casualita’”, raccontano Mazzilli e Di Marcantonio. Accanto a tutto questo, altro punto forte di Oishi e’ la sua capacita’ di dialogare con la cultura nipponica e, al tempo stesso, con la produzione del territorio, che si traduce nella disponibilita’ di una carta dei vini autoctoni accanto a quella dei te’ (e al whisky giapponese), in un contesto arredato con piatti, ceramiche e stampe giapponesi. “Esistono due linee di pensiero – spiega Mazzilli – la cucina giapponese tradizionale e quella fusion. In Italia e’ difficile trovare la proposta classica senza contaminazioni, in quanto la nostra identita’ culinaria tende a influire sulla preparazione dei piatti. Optare per una cucina fusion e’ una scelta, ma rappresenta anche la volonta’ di rispondere a un target di mercato piu’ ampio”. Percio’, continua Di Marcantonio, “la decisione di puntare sul fusion ci e’ sembrata la piu’ giusta e autentica. La nostra e’ una vera startup. Abbiamo elaborato un progetto, dal menu’ al design esterno, dall’arredamento alla carta dei vini. Il ristorante racconta la nostra storia. Il team e’ composto da chef professionisti provenienti da importanti scuole di cucina giapponese”.
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