Causa D’Alfonso-Pettinari: sfilano i testimoni
Pescara – Le testimonianze dell’ex sindaco di Chieti, Francesco Ricci, e di due dirigenti della Regione hanno caratterizzato, stamani, l’udienza sulla causa civile intentata dal governatore abruzzese, Luciano D’Alfonso, nei confronti del consigliere regionale del Movimento 5 stelle, Domenico Pettinari. Il presidente della Regione ha chiesto a Pettinari un risarcimento danni di 200 mila euro per diffamazione a mezzo stampa. Il procedimento ha preso il via da un’interpellanza presentata da Pettinari in Consiglio regionale, nel 2014, relativamente ad un bando del 2007, per l’acquisto, da parte della Asl di Pescara, di una palazzina per uffici amministrativi e di staff, in seguito alla quale sono volate lettere, diffide ed esposti all’autorita’ giudiziaria. Nello specifico, Ricci si e’ soffermato sulla reputazione e sulle qualita’ del governatore abruzzese, sottolineando davanti al giudice Marco Bortone che “il presidente D’Alfonso ha svolto una attivita’ intensa e di notevole spessore”. L’ex primo cittadino teatino ha, inoltre, confermato che D’Alfonso ha ricoperto in passato i ruoli di sindaco di Pescara, presidente della Provincia di Pescara, consigliere regionale e segretario regionale del Pd. Il dirigente amministrativo del Consiglio regionale, Paolo Costanzi, e il dirigente della segreteria della Giunta, regionale Walter Garani, hanno confermato di avere rilasciato due certificazioni nelle quali si attesta che nel 2007 D’Alfonso non era consigliere regionale e non rivestiva il ruolo di assessore regionale. E’ slittata invece al 6 dicembre la testimonianza dell’assessore regionale Silvio Paolucci. Presente all’udienza di oggi Pettinari, supportato da una trentina di attivisti del Movimento 5 Stelle. “Le prove testimoniali sono state articolate in due parti – ha detto ai cronisti Carla Tiboni, avvocato di D’Alfonso -.La prima e’ servita ad affermare che il presidente, non ricoprendo i ruoli di consigliere o di assessore regionale, dal punto di vista amministrativo non ha potuto neanche interferire sul bando, mentre la seconda parte ha riguardato la reputazione del soggetto”.
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