10 mesi, 304 giorni, tetti in arrivo
L’Aquila – Oggi 6 febbraio sono 10 mesi e comincia l’undicesimo dal 6 aprile 2009, 304 giorni fa. Questi i numeri che ci dà il calendario, che ci ricordano gli appunti di chi conta ogni giorno che finisce, da quella notte. Proprio oggi arrivano dalla protezione civile nazionale, come si legge sulle agenzie da Milano, promesse di tetti. Entro febbraio saranno consegnate le chiavi dell’ultimo dei 4.500 appartamenti antisismici, e alla fine del mese anche i MAP, le casette di legno, alcune delle quali davvero gradevoli, altre assai meno. Ma sono tetti, e quelli occorrono. Un altro numero, di parecchie migliaia, descrive tutti coloro che ancora si trovano sulla costa o negli alberghi dell’Aquilano. La domanda alla quale non si dà risposta è: basteranno case e map per tutti? Domanda difficile. In realtà , nessuno al momento è in grado di dare risposte certe. Se il metodo è togliere o non dare le case a chi le chiede, diventando eccessivamente severi, è un metodo riprovevole. Il rigore e la serietà sarebbero stati auspicabili nelle assegnazioni e nelle graduatorie, che, se ci sono, nessuno ha visto e consultato davvero.
Tempo di bilanci e di numeri, tuttavia, non deve essere tempo di polemiche. Tirando le somme e chiudendo più d’un occhio su tante cose non esattamente esemplari, si deve dire che molto è stato fatto e che in un disastro così grande forse nessuno avrebbe fatto di più e meglio. Il rigore e la rettitudine sono doti eccellenti, però bisogna averle da ambedue le parti: quella di chi stabilisce e decide, e quella di chi aspira e vanta diritti non sempre irreprensibili. Vogliamo ricordare che non siamo un popolo propriamente onesto e corretto?
L’inverno infierisce, fa freddo come faceva caldo appena dopo il sisma. La natura non ci ha dato una mano. Impossibile annullare il ricordo delle migliaia di poveri cristi sotto le tende a -6 gradi. Come tanti altri momenti ed episodi che forse è meglio cancellare dalla memoria.
In questo balletto di numeri, cifre, riflessioni, pensieri, conditi di melanconia e di disfacimento psicologico che riguarda un po’ tutti, occorre soffermarsi anche sulla ricostruzione, che tutti assicurano sia partita (almeno sulla carta) con le nomine del commissario Chiodi e del suo vice Cialente. Archiviato (o quasi) il tema dei tetti per tutti, ora si guarda al ritorno della città . Cosa dire? Per farla breve, una sola cosa: speriamo che dal fragore del disastro, noi tutti si sappia cogliere l’occasione per riedificare una collettività migliore della precedente. Perso tutto ci resta solo l’auspicio – che è un dovere – di trarre dei vantaggi dalla situazione, come quell’imprenditore friulano che in tv, dopo il terremoto, disse: “Adesso finalmente potrò farmi un capannone come lo voglio io”. Una frase che ci stupì, tanto che non l’abbiamo dimenticata in tanti anni. (Nella foto: La “presentosa” abruzzese, prendiamola come simbolo di speranza e ritorno alla vita)
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