Chiese Oriente e Occidente, passi verso l’unificazione
di Antonio Bini
CHIETI – A distanza di qualche giorno dalla conclusione dei lavori della XIV Sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che ha portato alla sottoscrizione del documento dal titolo “Towards a common understanding of Synodality and Primacy in service to the Unity of the Church” (Verso una comune comprensione della sinodalità e del primato a servizio dell’unità della Chiesa), emergono interessanti particolari che hanno portato a questo momento che segna una fase significativa nel non facile processo di riavvicinamento tra le chiese d’Oriente e d’Occidente. Un lungo applauso ha accompagnato la decisione finale sul documento, che non ancora è stato reso noto, sul quale la discussione è stata avviata sin dal 2007 e mira, dopo secoli di contrasti e divisioni, alla riunificazione delle chiese.
I lavori si sono svolti a Chieti, dal 16 al 22 settembre, in un clima di fraternità e di collaborazione, presieduti dal cardinale Kurt Koch, per la parte cattolica, e dall’arcivescovo Job di Telmessos, in rappresentanza delle chiese ortodosse. Tutte le Chiese ortodosse, con l’eccezione del Patriarcato di Bulgaria, erano presenti: il Patriarcato di Alessandria, il Patriarcato di Antiochia, il Patriarcato di Gerusalemme, il Patriarcato di Mosca, il Patriarcato della Serbia, il Patriarcato di Romania, il Patriarcato della Georgia, la Chiesa di Cipro, la Chiesa di Grecia, la Chiesa di Polonia, la Chiesa d’Albania e la Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia.
Pur riconoscendo le diversità presenti nell’esperienza della Chiesa, la Commissione ha riconosciuto la continuità dei principi teologici, canonici e liturgici, che costituivano il vincolo di comunione tra Oriente e Occidente nel primo millennio. Questa comprensione comune è il punto di riferimento e una fonte di ispirazione per cattolici e ortodossi che cercano di ristabilire la piena comunione oggi. Si è appreso che i membri della Commissione si sono trovati spesso insieme nel pregare per le popolazioni sofferenti del Medio Oriente, ed in particolare per quelle di Aleppo e della Siria, dove cattolici e ortodossi sono accomunati dalle persecuzioni e dal martirio.
Nell’organizzazione dell’evento è stato rilevante il ruolo dell’arcivescovo Bruno Forte, pastore della diocesi ospitante di Chieti-Vasto. Durante i lavori sono state previste visite in alcuni luoghi significativi dei secolari rapporti tra questa sponda dell’Adriatico con l’oriente cristiano: a Vasto (l’antica Histonium), nelle chiese di Santa Maria Maggiore, nella quale si custodisce la Sacra Spina, e a S. Maria Maggiore, dove è presente un trittico quattrocentesco di autore albanese e, a Fossacesia, nell’Abbazia di San Giovanni in Venere, di origine benedettina. Una solenne celebrazione è poi avvenuta nella cattedrale di San Giustino a Chieti, secondo il rito cattolico.
Il momento a più alta intensità spirituale e con profondi significati simbolici si è vissuto nel Santuario del Volto Santo di Manoppello, dove i rappresentanti delle chiese ortodosse hanno celebrato la mattina del 18 settembre la Divina Liturgia, secondo il rito ortodosso. La liturgia, concelebrata dall’arcivescovo Job di Telmessos insieme al vescovo Ilia di Philomelion (Chiesa di Albania) e all’arcivescovo George di Michalovce (Chiesa delle Terre ceche e di Slovacchia), è stata seguita da diversi fedeli ortodossi mescolati insieme a numerosi fedeli cattolici.
Hanno assistito alla celebrazione il cardinale svizzero Kurt Koch, il cardinale argentino Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’arcivescovo della diocesi ospitante di Chieti-Vasto Bruno Forte e gli altri vescovi cattolici. Tutti i rappresentanti delle chiese orientali si sono avvicendati nella preghiera, espressa nelle varie lingue di appartenenza, mentre il padre nostro è stato recitato in lingua italiana per accomunare tutti i presenti e quindi anche i religiosi cattolici. La presenza degli ortodossi a Manoppello non è una novità. Infatti negli ultimi anni il Santuario è visitato anche da religiosi e pellegrini ortodossi, che uniscono nei loro pellegrinaggi, sempre più frequentemente, la visita del Volto Santo con quella della basilica di San Nicola a Bari.
Nella sua omelia, l’Arcivescovo Job di Telmessos ha sottolineato, anche a nome dei membri ortodossi della commissione, che è “una grande benedizione poter celebrare la Divina liturgia in questo Santuario, dove la sacra reliquia della immagine di Cristo, non fatta da mani d’uomo, è presente dall’inizio del XVI secolo”, identificabile con il sudario di cui si parla nel vangelo di Giovanni o con la Veronica (vera-ikon).
L’arcivescovo, nel richiamare i temi del confronto tra le chiese, ha poi sostenuto che “venerare questa santa reliquia della Passione e della Risurrezione di Cristo, unisce Oriente e Occidente, Gerusalemme e Manoppello, incontrando Cristo per essere suoi veri discepoli, prendendo la nostra croce e seguirlo”. Accennando poi all’attuale situazione tra le chiese, ha sottolineato in modo sofferto “la triste situazione di cristiani divisi, che non possono condividere lo stesso calice, come è il caso oggi in questa Divina Liturgia, è uno scandalo e una ferita nel corpo di Cristo che deve essere guarita”. Nel concludere la sua meditata omelia si è appellato direttamente al Signore, affinché “la sua immagine, che veneriamo, ispiri il nostro lavoro per l’unità e la gloria della sua Chiesa, e per la salvezza del suo popolo.”
Padre Anatolij Grytskiv, espressione della chiesa ortodossa in Abruzzo e Molise, dipendente dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che ha molto collaborato nell’organizzazione locale dell’evento, intervenendo alla conclusione del rito non ha esitato a parlare di “miracolo” per definire la celebrazione davanti al Volto Santo da parte degli esponenti delle chiese ortodosse presenti nella diocesi di Chieti per i lavori della commissione, terminando le sue parole tra le lacrime. Era stato lo stesso p. Anatolij, insieme ai cappuccini, ad allestire l’altare secondo la tradizione ortodossa, con l’esposizione di varie icone provenienti dalla sua chiesa di San Costantino e Sant’Elena in Chieti, con al centro, innanzi all’altare, un’icona bizantina di Cristo, segno evidente di continuità con l’immagine acheropita del Volto Santo. Come è noto, nell’arte cristiana orientale, ripresa poi in Russia nel X secolo, l’essenza dell’immagine dell’icona consiste in una rigorosa corrispondenza con l’immagine primigenia, o che si presume tale, rappresentando una sorta di testimonianza documentale della storia sacra frutto di plurisecolari tradizioni.
Il cardinale Kurt Koch, in un’intervista rilasciata a Paul Badde, per CNA – Catholic News Agengy e per il quotidiano tedesco Tagespost, aveva riferito le proprie sensazioni immediatamente al termine della liturgia ortodossa, manifestando speranze, ma soprattutto le difficoltà sull’esito non scontato dei lavori: “Oggi abbiamo guardato il volto di Dio”, ha affermato il cardinale, già in precedenza pellegrino a Manoppello, aggiungendo che “probabilmente solo in vista del volto del Redentore può venire l’unità. Ma sicuramente sarà difficile. Dopo tutto questo è come un divorzio, dopo essere cresciuti a parte – è difficile tornare insieme. In questo caso … mille anni di separazione sono in piedi tra di noi.”
Il successivo esito positivo della sessione giunto alla fine dei lavori è stato raccontato da Mons. Andrea Palmieri, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che in una intervista a Radio Vaticana del 23 settembre ha espresso la sua soddisfazione per la positiva conclusione dei lavori, svelando come la messa celebrata a San Giustino e quindi la celebrazione della divina liturgia nel Santuario di Manoppello “ha offerto un contesto spirituale che non è assolutamente indifferente rispetto ai risultati che abbiamo raggiunto”.
Una conferma ancor più evidente di tale affermazione viene da Florentin Crihalmeanu, vescovo della diocesi rumena di Cluj-Gherla, che in un comunicato diramato dall’Agenzia Stampa rumena Agerpress in coincidenza con la fine dei lavori della commissione, nel riferire il clima positivo in cui ha operato la commissione, ha ricordato come insieme agli altri vescovi “abbiamo fortunatamente pregato a Manoppello e l’immagine del Santo Volto di Gesù rimarrà impressa nelle nostre anime, per portare Cristo con noi verso l’unità desiderata”.
Ho assistito all’evento, insieme a pochi giornalisti stranieri, tra cui Robert Moynihan, direttore del mensile americano “Inside the Vatican”, ai quali non è sfuggito l’intenso significato della liturgia ortodossa, autentico momento di convergenza tra cattolici e ortodossi attorno alla figura di Cristo, avvenuto nella chiesa elevata nel 2016 a basilica da Benedetto XVI, il primo papa a visitare il Santuario del Volto Santo, riemerso dopo secoli di oblio. L’impressione è che fiumi di parole e anni di discussioni abbiano lasciato spazio per qualche ora ad una profonda immersione nei comuni valori unificanti del cristianesimo influendo sull’esito positivo dei lavori, inizialmente soltanto sperato, considerate anche le divisioni esistenti tra le varie chiese ortodosse.
Negli ultimi anni il Santuario è visitato anche da religiosi e pellegrini ortodossi, che uniscono nei loro pellegrinaggi, sempre più frequentemente, la visita del Volto Santo con quella della basilica di San Nicola a Bari. Una certa riservatezza ha preceduto l’evento e lo stesso programma dei lavori della commissione è stato diffuso dalla sala stampa vaticana il 15 settembre, in coincidenza con l’inizio dei lavori. Si è poi appreso che l’appuntamento di Manoppello era noto ai padri cappuccini del Santuario del Volto Santo e quindi agli stessi rappresentanti ortodossi sin dall’inizio dell’anno. L’esito positivo degli incontri permette di guardare al futuro con rinnovato ottimismo.
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