Sisma, sciame presente, macerie e tendopoli via
Amatrice (Rieti) – Se L’Aquila ha 99 chiese (oggi molte distrutte o semicrollate), Amatrice era detta città dalle 100 chiese. Tante, comunque, sia in paese (solo 2.500 residenti nell’altra vita) che nelle 67 frazioni. In realtà pare fossero una ventina, oggi si celebra messa in tensostruttura. Non c’è altro in piedi. Solo l’antica torre in centro, che ha perso la campana e sembra molto precaria. L’orologio civico indica le 3 e 36, l’ora della morte per 298 persone stritolate dalle macerie. L’ultima, un uomo di 94 anni, è morto ieri a L’Aquila ad un mese esatto dal sisma.
Il terremoto continua imperterrito: sciame ininterrotto, una scossa superiore a 3 Richter, le meno di 3. Ma ancora tante. Sesso sprovveduti telecronisti e croniste firmate raccontano come scoop giornalistici di nuove scosse, come se fossero anomalie. In verità fanno parte dello sciame, che ne conta oltre 10.000.
Se solo i cronisti spulciassero su9i loro costosi smart il bollettino sismico INGV, vedrebbero l’interminabile elenco di scosse oltre il 2 Richter. E capirebbero persino loro che uno sciame c’è sempre.
C’è anche da oggi la voglia di rimuovere le macerie, recuperando quel che si può, solo piccoli oggetti, ricordi, abiti, ricordi. Si vuole ripulire la cittadina che oggi è un tragico skyline di distruzione. Giusto che sia così.
A L’Aquila impiegarono anni per rimuovere le macerie e decidere dove collocarle. Moltissime sono ancora nel cuore ormai diruto della città antica. Nelle frazioni, poi, la ricostruzione talora non ‘è neppure cominciata.
Amatrice pare voler rinascere velocemente, grazie anche ad una maggiore determinatezza da parte del governo. Per ora, la gente terremotata lascia le tendopoli, trova un tetto per l’inverno e sa cosa la aspetta: sei-sette mesi per le casette, anni per la ricostruzione. Per allevatori e imprenditori zootenici si sta provvedendo subito, in qualche modo. Loro non possono andarsene, i loro animali meno che mai.
Sarà un inverno che non sparirà mai dai ricordi. Da una vita all’altra, come del resto è stato per l’altra vicina tragedia del 2009.
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