Il modello L’Aquila
Certo che per un territorio e per la popolazione residente che erano dati per spacciati economicamente prima del terremoto (studio Banca D’Italia) e che non hanno mai avuto tanta vitalità e investimenti negli ultimi 300 anni e per di più gestiti in modo clientelare ed in deroga alla normativa almeno nella fase d’emergenza (15 miliardi di euro? o giù di li al pari di una finanziaria nazionale concentrati in pochi anni) il modello L’Aquila è stato di certo un sogno e in molti, ne sono certo, hanno migliorato il proprio stato di vita e mai vorrebbero tornare indietro allo stato precedente. Forse è così per tutte le tragedie umane, non solo quella dell’Aquila anche se l’obiettivo può essere raggiunto con un po di stile e senza tante umiliazioni.
Però poi c’è da capire cosa si intende per modello L’Aquila perché per vendere questo prodotto insieme a chi ne è artefice (non lo auguro a nessuno) ed essere credibili supportati anche da un minimo di letteratura scientifica bisogna usare i concetti ed i termini che si utilizzano in altre parti del mondo. L’Aquilano giustamente con l’orgoglio dell’oste focalizza il discorso sulla fase emergenziale degli hotel per tutti e sui progetti c.a.s.e. ammettendo ora che sono stati trattati da signori e che forse il confort abitativo provato dentro i nuovi appartamenti non lo avevano mai provato nella vita precedente. E poi tutta quell’attenzione mediatica del mondo ve la ricordate? Tutti politici, tutti manovali, tutti registi, tutti scrittori, tutti giornalisti, tutti ingegneri, tutti volontari, tutti vittime, tutti costruttori, tutti palazzinari, tutti statisti, tutti a cercare di far leva sullo stato di terremotati per fare il salto di qualità ed uscire dal bidone della provincia che si pensa peggiore del bidone della metropoli.
L’unica cosa che è mancata in questi tutti erano gli eroi. Ma poi ci siamo rifatti rifacendoci al modello mediatico che abbiamo conosciuto con la protezione civile nazionale ed il suo leader maximo. Non sono servite lezioni è bastato osservare per apprendere ed applicare alla prima occasione in modo sfacciato e senza pudore: “Sto portando soccorso? Organizzo subito una conferenza stampa in diretta Facebook perché forse qualcuno la vede e ci da il premio!”
Ecco allora secondo me spiegato come si riduce tanta soddisfazione e tanto orgoglio nel volersi tenere stretto il modello L’Aquila che nessuno acquisterà perché con 15 miliardi di euro in altre parti del mondo ci si fanno interi quartieri e gli impianti nuovi per tre olimpiadi e non ci si rifanno delle case e basta magari anche non sicure. Come dimostrato in altre città evolute del mondo ci si rifanno dei gioielli di città tecnologiche con servizi per i più deboli e per gli anziani, con ospedali, con scuole attrezzate di palestre ed in particolare, si costruiscono infrastrutture materiali ed immateriali, per tutti, capaci di attrarre cittadini e imprese da tutto il mondo senza doverle pagare con crediti d’imposta e contributi a pioggia per creare qualche straccio di posto di lavoro. E potrei andare oltre ma per pietà di patria mi fermo.
Mi auguro che a breve dopo un silenzio di anni escano fuori degli studi accademici seri. Il modello L’Aquila se è un buon modello lo leggeremo sui libri accademici e lo vedremo applicato in altri territori del mondo ma ne dubito che ci siano cittadini tanto sprovveduti da farsi soffiare 15 miliardi di euro per accontentare di tutto e di più ma non se stessi. Ho un concetto diverso di modello di sviluppo economico con risorse immense e straordinarie e quindi mai più ottenibili dalla città . Ritengo che abbiamo perso la nostra occasione di essere un modello a causa di aspirazioni politiche di pochi capi bastone al comando di lobby troppo forti contestabili solo dall’unità della città che non ci è stata.
Questa è un’opinione personale che solo della letteratura economica e scientifica di origine accademica e quindi libera oltre che dei clienti del nostro modello potranno farmi cambiare.
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