OMELIA DEL CARDINALE EDOARDO MENICHELLI
L’Aquila – Questa l’omelia del Cardinale Menichelli, arcivescovo di Ancora e Osimo, durante la messa di apertura della Porta Santa
della Basilica di S. Maria di Collemaggio:
“Sempre la Perdonanza Celestiniana è celebrazione colma di spirituale letizia nella memoria del Papa santo che le dà il nome e soprattutto nel dono di misericordia che la Chiesa anche oggi rinnova: essere assolti da colpe e da pene. Luogo di questa misericordia è Santa Maria di Collemaggio; segno è la Porta Santa simbolo di Cristo, morto e risorto per noi. Questo canto gioioso per il perdono che si riceve è ancor più ricco di intima e personale gratitudine in questo anno che Papa Francesco ha voluto “anno di misericordia” per tutta la Chiesa e per ogni persona aperta all’iniziativa di salvezza di Dio. La parola di Dio che oggi – qui – ci è donata come nutrimento della fede, indica la strada e la verità per vivere santamente questa “Perdonanza”.
Le riassumo così:
- dal Vangelo di Giovanni: “io sono la porta”. Cristo è la misericordia;
- L’apostolo Paolo ai Corinzi: “lasciatevi riconciliare con Dio”. Aprirsi alla misericordia. Non indurire il cuore in questo tempo favorevole: siamo nel giorno della salvezza;
- Il profeta Isaia: non il digiuno pietistico. Ma le opere di giustizia che danno dignità vera e libertà vera alla persona umana.
Alla luce di questa Parola, provo, guardando innanzitutto la mia coscienza di credente (discepolo) e di Pastore, provo a leggere il nostro presente umano e religioso per liberarlo da buonismi e da fondamentalismi che nulla hanno a che fare con la misericordia.
Dentro questa trama della parola di Dio sta il senso spirituale della misericordia e la verità della personale conversione.
1.
Al centro della fede sta Cristo nostro Salvatore che ha pagato per l’umanità il debito della nostra disubbidienza all’amore di Dio. Egli è dentro la storia perché sia una storia di vita. Passando per Lui si entra nella pace e si vive nell’abbondanza non delle cose che creano divisioni e ingiustizie, ma nell’abbondanza dell’amore e del dono pacificante.
Cristo è la misericordia fatta carne, il perdono fatto storia. Il perdono non è una parola bensì, un fatto. Egli si è fatto perdono sulla croce, nella sua paga la nostra riconciliazione.
In Lui e con Lui il perdono è vero: se non perdi, non perdoni.
C’è il segno di Cristo nella storia contemporanea? C’è il segno di Cristo nella nostra storia di cristiani? C’è Cristo nelle nostre relazioni quotidiane familiari e sociali?
Non mi sono mai imparentato con il pessimismo; tuttavia non faccio torto alla mia coscienza se registro una storia che pensa di salvarsi con un groviglio di leggi che moltiplicano regole senza pensare alla persona e dove non sembra avere cittadinanza la stessa etica naturale.
Non c’è misericordia senza l’amore imitato del Crocifisso.
Qui torna utile il riferimento a San Celestino, uomo pieno dello spirito di Dio capace di fare della sua vita una testimonianza di fedeltà a Cristo Signore da lui creduto “luce nella nebbia del mondo e nelle tenebre dell’ignoranza”.
2.
Davanti alla misericordia “donata” l’umanità non può restare neutrale: o la accoglie o la rifiuta, per cui essa o è riconciliata o è divisa. Il perdono o è la tua salvezza e del fratello o tu lo irridi.
Il perdono accolto ti fa riconoscere il peccato e ti fa libero dalla durezza del cuore. Il perdono ti restituisce la dignità. La mortificante esperienza dell’umanità della quale io e voi facciamo parte e della quale ci facciamo giudici, è sconvolgente: invece di accogliere Dio Padre che perdona e salva, usa Dio per giustificare ogni strategia di morte, di esclusione, di dominio.
La misericordia ritrovata e accolta è sorgente di una storia personale, familiare e sociale pacificata e pacificante.
Anche per noi vale l’invito dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio”. E’ necessario pacificare la coscienza che oggi sembra essere governata più dai desideri diventati “diritti” che non da una interiore rettitudine, più da studiati compromessi che non dalla santità, madre del bene.
3.
Frutto e compito di una coscienza sanata dall’amore di Dio (San Celestino direbbe una coscienza pentita e assolta) sono le opere di misericordia che splendono di giustizia e di generoso servizio. Nella misericordia praticata ogni persona, la comunità ecclesiale, i poteri pubblici collaborano, a modo proprio, al compimento del disegno d’amore di Dio. Le azioni misericordiose sono un unguento che aiuta ad oltrepassare gli spazi della storia dove vivono i conflitti che tanta dignità tolgono alla persona. Le ingiustizie sociali, gli eventi drammatici come quelli vissuti anche da questa nobile città e oggi da altri, gli abbandoni, le solitudini, le sofferenze, le grandi miserie: tutto ciò ci convoca e ci interpella e misura la temperatura d’amore del cuore e la verità del nostro credere in Cristo, che riferisce fatto a se quanto noi facciamo verso quanti vivono con sofferenza.
A questo riguardo mi piace richiamare quanto in alcune chiese veniva fatto. Sulla controfacciata dell’ingresso venivano rappresentate le opere di misericordia quasi a ricordare l’invito di Gesù: “Sei stato con me, mi hai adorato, hai mangiato di me, ora esci e adorami, servimi nei poveri che incontrerai…
Questo avvenga per me e per voi. Amen!
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