Perdonanza, verscovo vicino a terremotati
L’Aquila – Ha detto alla Perdonanza il vescovo Petrocchi: “. È un dramma che L’Aquila conosce bene, perché lo ha vissuto nelle sue forme più sofferte. Ed è questo il motivo per cui l’amministrazione civile ha deciso di chiudere le manifestazioni di tipo culturale e ricreativo e di lasciare solo quelle specificamente religiose, celebrate in una forma sobria ed essenziale. È un modo per essere in sintonia di mente e di cuore con quanti in questo momento passano attraverso una Croce severa.
D. – Quale senso profondo assume la Perdonanza alla luce di questo terribile terremoto?
R. – Io direi che la Perdonanza consente di mettersi in rapporto con questi eventi con un’anima cristiana, illuminata dalla fede, percorsa dalla carità . Un’anima che si apre alla speranza, perché noi sappiamo che la morte non ha l’ultima parola. Nella Pasqua di Gesù la morte è già morta: quindi ogni passaggio, da questo mondo alla Casa del Padre, va vissuto come un entrare nella vita e non come uno sprofondare nel nulla. La Perdonanza ci pone nel cuore stesso della rivelazione cristiana. La Perdonanza è come un pozzo che Celestino V ha scavato fino a raggiungere una falda freatica profonda, dove scorre l’acqua viva del Vangelo. È una grazia che ci viene data: non siamo noi ad averla riversata dentro il pozzo, ma sta a noi attingerla, per potersi dissetare e poterla distribuire. La Perdonanza è la capacità di accogliere la Misericordia di Dio: la Perdonanza è innanzitutto farsi perdonare, lasciarsi riconciliare, come dice Paolo.
D. – Questo tragico evento ha coinvolto emotivamente tutto il mondo, ma in particolare L’Aquila, ancora scossa e ferita dal tremendo terremoto – lo ricordiamo – del 2009…
R. – Io sono di origine ascolana. Per tredici anni sono stato parroco in montagna, proprio nell’area adesso colpita dal terremoto. La comunità dove sono stato si chiama Trisungo e dista due chilometri e mezzo da Arquata del Tronto, che è stata rasa al suolo. Appena ho saputo di questi eventi, sono andato proprio nel paese dove ho vissuto come parroco per incontrare la gente. E ho ritrovato gli stessi volti smarriti, gli occhi disorientati, la gente bisognosa di una prossimità affettiva oltre che di aiuti materiali. Le dico fraternamente che ho vissuto questa tragedia che sono congiunti: quello aquilano, dove oggi sono vescovo; e quello ascolano e amatriciano, dove ho vissuto anni importanti del mio ministero. Quindi è una tragedia che sento confitta al centro del mio cuore.
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