2° Guerra Mondiale: storia di un ‘top gun’ con origini di Castel del Monte
Castel del Monte – (F.C.). Il ‘top gun’ Leo F. Butiste (Di Battista) fu un eroico pilota della Seconda Guerra Mondiale discendente di una “dinastia” arrivata negli Stati Uniti da Castel del Monte. A riportarne alla luce le radici e’ Geremia Mancini, presidente onorario dell’associazione culturale “Ambasciatori della Fame”. Tutto ebbe inizio quando Franco Di Battista (a Ellis Island divenne Frank Butiste) arrivo’ negli Stati Uniti nel 1901 dalla sua Castel del Monte. Come per tutti gli italo-americani – scrive Mancini in una nota – i primi anni furono assai duri. Lavoro’ prima in miniera e poi in una acciaieria. Nel 1904 giunse a Oil City, Contea di Venango in Pennsylvania, per lavorare nella costruzione del nuovo tracciato ferroviario. I guadagni iniziarono ad essere soddisfacenti. Frank poi riscopri’ il “mestiere” di sarto che aveva imparato nella sua Castel del Monte. Inizio’ a fare pantaloni prima per i suoi colleghi, poi per i vicini e infine per la stessa azienda per la quale lavorava. Consolidata la sua situazione economica, nel 1909, decise di far giungere negli stati Uniti tutta la sua famiglia: Grazia Mucciante, sua moglie, e i suoi tre figli Pietro, Giovanni e Lorenzo. Sara’ proprio l’ultimo dei suoi figli, Lorenzo Quirino (nato a Castel del Monte il 22 giugno del 1893), a seguire le orme paterne come sarto. Del resto – ricorda il presidente dell’associazione culturale abruzzese – il giovane Lorenzo era stato a “scuola” di sartoria dallo stesso maestro del padre. E questi un giorno gli disse: “hai la mano piu’ ferma e precisa di tuo padre e tutti gli altri ragazzi che ho avuto a bottega. Farai strada”. Il vecchio sarto “castellano” non si sbaglio’. Quando la famiglia giunse a Oil City trovo’ una bella sorpresa. Frank , con i risparmi accumulati, aveva avviato un negozio di sartoria nel quale, inizialmente, tutti trovarono occupazione. Successivamente Pete e Joe sceglieranno, con successo, la via della ristorazione. Sara’ loro il piu’ importante ristorante della citta’. Invece l’intraprendente Lorenzo, rilevo’ il negozio paterno e ne fece in brevissimo tempo una delle piu’ pregiate sartoria dell’intera Pennsylvania. Apri’ altri laboratori di “alta sartoria” e creo’ un proprio marchio “L.D. Butiste, Merchant Tailor”. Da lui si riforniranno per anni politici, imprenditori e anche semplici cittadini vogliosi di essere vestiti “dal grande sarto abruzzese”. Rilevera’ anche una delle piu’ importanti aziende di “lavaggio a secco” e numerose lavanderie. L’ambisioso Lorenzo assunse un importante ruolo nella vita sociale di quel suo nuovo paese. Sara’, tra le altre cose, importante membro della potente organizzazione “Designers Society of America” e Segretario Generale e “Venerabile” della “Tellini Lodge”. Quando lascio’ l’attivita’, dopo ben 62 anni, i giornali e gli organi d’informazione diedero ampissimo risalto alla cosa e la descrissero come la vera fine di un “mito”. Un importante giornalista scrisse sconsolato: “Mio nonno, mio padre ed io abbiamo indossato i suoi pantaloni? E ora ?”. I figli di Lorenzo e di Josephine (Giuseppina) Giuliani (questo il nome della moglie) scelsero altre strade.
Uno in particolare, Leo, sara’ quello che gli dara’ maggiori soddisfazioni. Leo, nato il primo maggio del 1923 – prosegue la nota – consegui’ titoli di studio presso la Oil City High School, l’Indiana University of Pennsylvania (musica) e la Duquesne Univerisy di Pittsburgh (legge). Fu per qualche anno anche insegnante. Successivamente scelse di accettare un’importante offerta dalla Bank of Boston Connecticut divenendone prezioso uomo di fiducia. Negli anni sara’ presidente e vice presidente di numerose banche nel New Hampshire, nel Connecticut e Philadelphia. Nel 1971 l’American Bankers Association lo inseri’ nella prestigiosa “Top ten” dei piu’ influenti uomini del mondo bancario americano. La sua passione rimarra’ sempre la musica. Capace di suonare svariati strumenti divenne, lasciato il lavoro, direttore d’Orchestra della Portland Symphony. Ma quello che lo consegnera’ alla memoria degli Stati Uniti – e’ quanto rimarca Mancini – e’ il suo essere stato eroico pilota durante la Seconda Guerra Mondiale. Di stanza a Boxted nella contea di Essex (Inghilterra) con il 62 Fighter Squadron a bordo del suo “Republic P-47 Thunderbolt” seppe coprirsi di gloria. Coraggioso e sprezzante del pericolo riusci’ ad abbattere numerosi aerei nemici e riusci’ a colpire numerosi obiettivi sensibili e strategici. Un giorno mentre rientrava da un’azione, in riserva di carburante, vide due piloti della RAF in grave difficolta’ e non esito’ ad andare in loro soccorso. Il suo intervento risulto’ decisivo. Naturalmente arrivarono riconoscimenti ed onori. Le sue azioni e il suo proverbiale coraggio sono ancora oggi ricordati su alcuni dei piu’ importati siti e libri del settore, tra questi, “American Air Museum in Britain”, il francese “Ciel de Glorie”, “56th Fighter Group in World War II” e “WWII Victories of the Army Air Force”. Una curiosita’: sulla carlinga del suo aereo aveva scritto “Josephine My Flyng Machine” (“Josephine mia macchina volante”) in onore della sua cara mamma. Nel giugno del 1945 arrivo’ per lui un encomio accompagnato dalla promozione a tenente. Aveva 80 anni quando mori’ a Hartford (Connecticut) il 6 giugno del 2003.
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