Doniamoci la speranza


L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri) – Il passaggio di consegne tra il Capo della Protezione civile Guido Bertolaso ed il Presidente della Regione Gianni Chiodi, la costituzione della struttura tecnica di missione affidata all’architetto Gaetano Fontana, i vari gruppi di lavoro con compiti di strategia programmatica e di assistenza sociale, segnano un momento importante per la storia futura di tutti noi.

Se la fase dell’emergenza è terminata (ma non credo che possa essere considerata tale con migliaia di persone ancora sulla costa, moltissime senza lavoro o in cassa integrazione, con attività commerciali ed artigianali cancellate), si prospetta ora un periodo lunghissimo per la ricostruzione che dovrà necessariamente rispondere ad un progetto complessivo con le diverse ramificazioni urbanistiche, conservative, economiche, sociali e più in generale culturali.

Si tratta di riallacciare il filo spezzato dal sisma tra ciò che è stata la storia del territorio aquilano e ciò che dovrebbe essere la nuova città, si tratta di creare nuove identità e nuove vocazioni che non perdano la memoria del passato e che riescano a non riesumare i segni di decadenza che si andavano radicalizzando in tempi a noi molto vicini.

Guido Bertolaso, nella sua bella e lunga lettera di commiato, dice di riconsegnare agli aquilani il proprio territorio e di affidare alla politica regionale e locale, assistita dallo Stato, ciò che le compete, dopo aver raggiunto “il punto in cui poter tirare il fiato… e poter riprendere il cammino ancora lungo e difficile verso una ritrovata piena normalità di vita”.

E’ un momento fondamentale per la sopravvivenza e lo sviluppo del territorio, ma bisogna dare risposte positive a domande che i cittadini oggi si pongono. Le nostre donne e i nostri uomini che ci rappresentano sapranno trovare le giuste convergenze? Riusciranno ad utilizzare le migliori energie per una seria rifondazione senza snaturare la storia della città ma contemporaneamente perseguire obiettivi in linea con un territorio moderno?.

Mi sembra che alcuni suggerimenti, che hanno nella città territorio la loro spinta ideale per una nuova rinascita,, siano già stati offerti, ma il punto è da dove partire.

La primaria necessità è la ricostituzione di un tessuto urbano che possa riaccogliere la propria ed altrui gente, affinché la città possa riaprire le sue braccia, perché è lì che si trova, è lì che ha segnato la sua storia e la sua memoria.

Ora si descrivono i nuovi insediamenti commerciali e sociali a Piazza d’Armi con realtà che dovrebbero essere più o meno provvisorie, ma già attrattive di forti finanziamenti che si configurano a “fondo perduto” perché appunto rivolte ad insediamenti limitati nel tempo. Ma è la giusta risposta?

Piazza Duomo o del Mercato è sempre stato il luogo pubblico di riferimento, Clementi afferma “…come esso vada considerato la prima vera traccia della città originale, non casuale, data la sua forma regolare, ma preordinata o, se si vuole, progettata, tanto nel disegno quanto nella sua destinazione finale” ed ora è lì che attende, quasi dimenticata, meta di tristi passeggiate e di ricordi.

La Piazza, cuore ed anima della storia aquilana deve riprendere in tempi brevi i suoi colori e tornare ad accogliere quella quotidianità che giorno dopo giorno custodiva, deve ritrovare i sapori di una cultura antica con cui le generazioni aquilane sono cresciute. E’ la Piazza che deve riattivare il commercio ed i luoghi sociali, gli uffici e le attività artigianali, seguendo l’esempio dei piccoli passi già compiuti. E’ la Piazza, luogo sociale per eccellenza, che deve riavere il collegamento diretto con il Parcheggio fuori le mura (sempre osteggiato e poco utilizzato) per una velocità di sosta meccanizzata che possa essere l’inizio di una nuovo progetto di pedonalizzazione. E’ la Piazza che deve riportare il cuore a palpitare, la speranza a tornare, il punto di riferimento per una prima ricostruzione perimetrale che poi, a raggiera, possa investire i vicoli intorno e toccare via via gli antichi quarti cittadini.

Riportare quindi la gente nelle proprie case, sostenere i consorzi che stanno nascendo, ridare ai giovani i luoghi amati dei vecchi incontri, riconcretizzare la città bella, la città delle chiese, delle fontane, dei palazzi, dei cortili che il mondo ha tardivamente scoperto.

“Buon viaggio, L’Aquila” conclude Bertolaso nella sua lettera, ma l’approdo di questo lunghissimo percorso potrà essere felice solo ad alcune condizioni.

La ricostruzione dovrà passare attraverso una seria riflessione degli errori compiuti, delle sicurezze non date, delle cause di tragedie annunciate, delle superficialità emerse, delle speculazioni edilizie, delle incapacità politiche, nulla deve essere dimenticato affinché la volontà politica e di tutti noi possa essere tradotta in una razionale azione sociale per il bene comune.


03 Febbraio 2010

Categoria : Cronaca
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