L’annus horribilis del calcio rossobleu
L’Aquila – Scrive Franco Taccia: “Ci sarebbe da scrivere un intero libro sulle vicende che hanno preannunciato, preparato e concluso il crollo dell’Aquila calcio ma la realtà è talmente evidente che solo chi è stupido o in mala fede perderebbe tempo a leggerlo.
Tutto è andato nel verso sbagliato, anche quando il conseguimento di qualche buon risultato invece di servire da stimolo a migliorare ha finito per offuscare le idee.
L’Aquila non scompare dal calcio “pro” per la sconfitta di Rimini ma per i sette punti di penalizzazione, senza i quali sarebbe stata già salva da un pezzo, e per quanto già negli anni precedenti ha preparato il terreno a tale disfatta. Con buona pace di una rosa male assortita. Dopo (ma anche prima..) la retrocessione ne ho sentite di tutti i colori, in particolare da sedicenti addetti ai lavori (?) che dopo anni passati a decantare ogni mossa, ogni decisione, ogni respiro di qualcuno, adesso improvvisamente svegliatisi da lungo letargo, cominciano a balbettare qualcosa su carenze , scelte tecniche sbagliate, programmazione sballata.
Un microfono o un mouse in mano e vai con le scemenze, dal farneticare su moduli e tattiche di gioco fino al cercare di calcolare in percentuale le colpe del povero Perrone; con frequenti accenni al fatto che i giocatori “non ci mettono l’anima”; gente che non ha mai assistito ad un allenamento, che fino a qualche mese prima neppure sapeva quanto tempo dura una partita, che fino a sabato neppure sapeva dove e come si allenasse la squadra.
Intanto omettendo di ricordare, come ho scritto all’inizio, che anima o non anima, questa squadra sgangherata, priva di attaccanti, senza gioco, comunque si sarebbe salvata senza quei maledetti 7 punti, che non sono addebitabili ai giocatori e a Perrone.
A mio avviso una delle poche scelte azzeccate negli ultimi 7/8 anni fu quella di chiamare Pagliari, a campionato praticamente compromesso, riuscendo grazie allo stesso Pagliari e all’impegno dei giocatori, a centrare la promozione in prima divisione.
Prima e dopo la mia impressione è stata quella di troppa gente al centro dell’attenzione, con silenzi stampa durati 5 minuti, apparizioni in tv, interviste e foto, dichiarazioni a profusione, dimenticando che in una società è bene che parli meno gente possibile, e possibilmente esperta di calcio.
Il futuro, che dovrebbe costruirsi sui giovani, assolutamente e rigorosamente del circondario, Marsica in primis, come il mai tanto rimpianto Gildino De Felice realizzò per anni. Invece pare che a L’Aquila e dintorni nessuno nasca e poi cresca con la voglia di giocare a pallone; anche se poi Vitturini va alla grande col Pescara, Zanon ha giocato (e ancora gioca) per anni a livelli notevolissimi, e da Luco o Magliano o Paterno ogni anno qualcuno finisce anche in campionati di livello superiore, forse proprio per non essere cresciuto calcisticamente da queste parti …
Da salvare solo i tifosi, che andando anche a Rimini a centinaia, per un spareggio per evitare la D, hanno dato l’ennesima prova di attaccamento alla maglia.Se pensiamo che per seguire squadre impegnate nei play per andare in A partono quattro gatti da città mille volte più ricche e ….abitate dell’Aquila verrebbe da piangere per la rabbia.
Qualcun altro invece dovrebbe riflettere e magari dedicarsi ad altro..E forse sarebbe l’unica nota positiva.
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