Il dr. Spataro si scuserà con Petrilli?
Un articolo di di Piero Sansonetti su
Il Dubbio, 19 maggio 2016 -
Voi sicuramente sapete chi è il dottor Spataro. È il procuratore di Torino. È un esponete molto attivo della parte più politicizzata della magistratura. L’altro giorno abbiamo pubblicato una e-mail che lui ha indirizzato agli esponenti della sua corrente, nella quale, proprio come un capo partito, chiede la mobilitazione contro la riforma costituzionale voluta da Renzi. Spataro è uno dei leader di quel pezzo di magistratura che ritiene che il compiuto dei magistrati sia non solo quello di giudicare sulla violazione delle leggi, ma anche – o forse soprattutto – quello di vigilare sulla realizzazione delle leggi.
Voi invece, molto probabilmente, non sapete chi è Giulio Petrilli. Ve lo dico io e poi brevemente vi racconto la sua storia che di sicuro sarebbe piaciuta davvero molto a Franz Kafka. Giulio è un signore pacifico e perbene. Ha 58 anni. Si occupa di tante cose, viaggia per il mondo sia per conoscerlo meglio sia per mettere insieme un reddito che gli permetta di vivere. Nella sua biografia c’è un buco di sei anni – quando ne aveva una ventina – che non gli ha permesso di organizzarsi la vita come voleva. Fra poco vi dico perché.
Nel 1976 Giulio aveva 18 anni, viveva a L’Aquila, andava a scuola, era di sinistra, faceva politica studentesca e si era iscritto al Pdup, partito moderatamente alla sinistra del Pci. Un tipo tranquillo: assemblee, riunioni, volantini, cortei. Qualche anno più tardi, quando andava già all’università , la notte prima del natale 1980 (di anni ne aveva 22) i carabinieri fecero irruzione in casa sua, terrorizzarono i suoi genitori e anche lui, spianarono i mitra, gli misero le manette e poi con una Alfa Romeo e a sirene spiegate lo portarono a Legnano. “Che ho fatto?”, chiedeva Giulio, “Che volete da me?”. Silenzio. In cella. Terrore, angoscia.
Poi finalmente, dopo qualche giorno di disperazione, arrivò un magistrato. Un giovanotto di trentadue anni, appena un po’ meno ragazzo di lui. Gli disse: “Pèntiti e facci i nomi”. “Di che? Di chi?”, rispondeva Giulio, esterrefatto. “Dei tuoi complici, di quelli di “prima Linea”". Finalmente Giulio capì che lo accusavano di terrorismo. Ma lui non sapeva un fico secco di terrorismo. E non si capacitava, non aveva idea del perché di quelle accuse. Poi seppe che era stato un pentito balordo a tirare giù quel nome, il suo, chissà perché, o chissà convinto da chi. Il giudice fu chiaro: o collabori o ti fai vent’anni in carcere. “Ma io non ho niente da dire”, rispose Giulio. Allora in isolamento, disse il magistrato.
Beh, si: quel magistrato si chiamava Spataro. Armando Spataro. Non aveva uno straccio di prova per accusarlo: voleva la confessione e qualche nome. Non li ebbe mai, naturalmente.
Giulio in primo grado si prese 11 anni. Restò in cella fino al 1897. Passò in prigione la sua giovinezza. Poi il solito giudice onesto e scrupoloso – c’è sempre un giudice a Berlino, come sapete – lo assolse con formula piena. E la Cassazione confermò. Giulio uscì.
Chiese il risarcimento per quei sei anni. Ne aveva diritto. Ovvio. Beh, sapete che è successo? Gli hanno detto di no. Neanche un euro. Perché? Perché – gli hanno detto – tu frequentavi brutta gente e perciò hai indotto in errore i magistrati. C’è mancato poco che non gli chiedessero di rimborsare il vitto per quei sei anni! Capito? E che deve fare un povero magistrato se ti vede ion cattiva compagnia? Ti arresta, ed è colpa tua se sei innocente. Sei un
Lo so che non ci credete, ma è così. Secondo voi il dottor Spataro, che ha rovinato la vita di Giulio perché ha sbagliato clamorosamente un’indagine, si è pentito? Si è preoccupato, almeno, di chiedergli scusa? Ma per carità …
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