Voucher lavoro, funzionano davvero?
SECONDO ALCUNI HANNO AUMENTATO IL PRECARIATO E GLI INFORTUNI SUL LAVORO
Pescara – (di Stefano Leone)
In Italia sempre più persone vengono pagate in voucher anche per retribuire il lavoro continuativo. Un boom grazie al Jobs Act che ne ha semplificato di molto l’uso in quanto non sono previsti controlli né limiti. Basta andare dal tabaccaio, o in un ufficio postale e con 10 euro, comprensivi di assicurazione e versamento previdenziale, ti compri le prestazioni che ti servono, non regolamentate da un contratto poiché svolte in modo occasionale o discontinuo. Mentre il prestatore ne incassa 7,50. Si chiama buono lavoro, in mano il datore ha un voucher ed un’infinita possibilità di giostrarsi la prestazione d’opera di una colf, un lavapiatti, un muratore, un operaio, un pony express, un addetto alle pulizie o di lavoretti più assortiti. Ci sono anche tagli da 20 e 50 euro di valore, sempre comunque intesi come due o cinque buoni non separabili da 10 euro. S’incassano alle Poste, tramite bonifico o dal tabaccaio. Dipende chi li ha venduti e se hanno natura cartacea o telematica. Il Jobs Act ha semplificato di molto l’uso dei voucher lavoro al tal punto che, nel 2015, se ne sono venduti 114.921.574 dal valore nominale di 10 euro per oltre un miliardo di euro di compensi erogati. Furono introdotti nel 2003 dalla legge Biagi per contenere il lavoro nero ed hanno avuto un primo utilizzo in agricoltura, poi nel 2008 il ministro Sacconi (governo Berlusconi) li ha di fatto liberalizzati, estendendoli ad altri settori, ancorati alla retribuzione oraria col solo il limite di 2.020 euro l’anno come reddito percepibile da ogni singolo committente. Poi, col Jobs Act, il tetto massimo di reddito annuo arriva a 7000 euro nette. Solo che con i voucher non si può accedere alle misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione, malattia, maternità. Com’è evidente, i buoni sono pensati per classi che devono entrare nel mercato del lavoro, che ne sono uscite naturalmente o forzosamente e comunque, in generale, categorie deboli. E’ notizia di questi giorni che l’Inail si è accorta che gli infortuni sul lavoro sono triplicati per i lavoratori che vengono retribuiti con i voucher (nel 2012 erano 436, nel 2014 erano 1400). Inoltre l’Inail si è accorta che anche le morti sul lavoro per chi veniva retribuito con il voucher erano più che raddoppiate, passando da 2 nel 2013, a 6 nel 2014 a 15 nel 2015. Quasi sempre, il pagamento del voucher coincide con il giorno dell’infortunio mentre in precedenza non risulta alcun rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore. Secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il boom dei voucher sembrerebbe incentivare l’irregolarità, non essendo più necessario alcun riferimento qualitativo al carattere occasionale della prestazione. Di fatto, infatti, il voucher viene utilizzato spesso per “mascherare” prestazioni di lavoro continuative e subordinate più che per regolarizzare rapporti di lavoro realmente occasionali. È necessario intervenire subito con controlli ispettivi più frequenti e mirati per contrastare tutti gli abusi.
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