Il preside e il… “divieto di comunicazione”
Ora, come spesso accade, scappati i buoi si chiude la stalla. Interrogazioni parlamentari, indignazione e tutti che gridano allo scandalo. Quello che è accaduto nella scuola media di Livorno dove Giulio, un ragazzo di 14 anni autistico, frequentante la terza media, non è stato informato sulla gita scolastica è gravissimo. Giulio, presentatosi a scuola, non ha trovato compagni, non ha trovato insegnanti. Si è ritrovato da solo con il suo insegnante di sostegno. Non più tardi di qualche giorno fa, esattamente il 2 aprile, dunque più o meno 12 giorni fa, si è celebrata la “Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo”. Bene, la giornata fu sancita da una nota del MIUR, (non da una bocciofila sconosciuta), e vogliamo credere che anche quella scuola di Livorno fece sua la nota dell’organismo istituzionale dell’Istruzione. E poi? A distanza di pochi giorni tutto a rotoli. La preside di quella scuola a dichiarato (dichiarazione riportata da tutta la stampa nazionale) “Un difetto di comunicazione: abbiamo avvisato la famiglia il giorno stesso”. C’è bisogno di commentare una simile dichiarazione? Vogliamo solo ricordare che la figura del preside (maschile o femminile che sia), non è la figura di uno qualunque. E’ il dirigente. E come tale preposto ad onori e oneri, preposto ad assumere responsabilità e decisioni. E’ pagato per questo. Non per affermare che, l’aver lasciato a casa un ragazzo autistico, impedendogli di partecipare alla gita scolastica è un “difetto di comunicazione”. Il motto che prevalse nella giornata del 2 aprile scorso fu “l’autismo non è una malattia, l’ignoranza si”. Mai aforisma fu più azzeccato. Rimane solo da capire dove sta di casa l’ignoranza.
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