Ricordi di quando c’era una cultura diffusa, ma Paolo Poli scandalizzava…
L’Aquila – (G.C.) – Ai giovani potrà sembrare incredibile, conoscendo lo scialbo e costoso mondo teatrale abruzzese, che un tempo L’Aquila sia stata davvero un centro culturale effervescente e reattivo, con un teatro stabile nascente e di grande valore, e una intensa stagione di spettacoli dall’autunno a maggio. Non c’era, infatti, solo la venerata musica, ma un fervore culturale poliedrico ed esteso: una cultura capace di diventare fatto sociale e popolare.
Al teatro comunale di susseguivano grandi spettacoli di prosa, nomi eccellenti, eminenti registi e attori, i migliori attori del palcoscenico italiano. Oggi si va avanti tra eventi secondari, rimediati, e baruffe politiche per tenere in pugno quell’ectoplasma malfermo che è il Teatro stabile abruzzese, mentre l’ATAM è stata distrutta.
Tytto ciò ci riporta alla mente la morte di quell’eccellente, elegante e raffinato asttore che si chiama Paolo Poli.
La cultura aquilana era diffusa, ma inevitabilmente borghese, bigotta, spesso baciapile e provinciale. Mai morta e piatta, anzi polemica e incline al dibattito. Ma pur sempre prodotta da una città non certo illuminista…
Paolo Poli, dichiaratamente omosessuale, bellissimo nei suoi celebri travestimenti femminili, incantò il pubblico più volte, scatenando anche le ipocrisie e le reazioni della parte più rertriva e “pretigna” della città. Si scatenò l’inferno quando arrivarono i ballerini (nudi) del Living Theatre di New York. Persino la casta nudità in “Operetta” incontrò ciarlieri e sdegnati moralismi, ositati sui giornali di allora. Per Brecht e il suo acceso antinazismno (che non a tutti garbava) si polemizzò per mesi.
Il pubblico partecipava, si schierava, dava vita spesso al peggio di una città provinciale e curiale, ma c’era, era vivo, attento, soprattutto numeroso e caloroso. Talvolta passionale.
Situazioni che è del tutto inutile cercar care oggi, tempo in cui al massimo di discute dell’ultimo modello di smart e di un libro di successo si vendono al massimo 30 copie.
Grazie, comunque, a Paolo Poli (e a tanti altri) di averci mostrato il bello e l’intelligente. Noi abbiamo qualcosa da ricordare. Cosa ricorderanno coloro che vivono oggi ?
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