L’Aquila, se ci sei il 30 batti un colpo
L’Aquila – (G,C,) – La manifestazione degli uomini giusti (Vittoreini, Visione, Cora, Cinque) chiama il 30 marzo a raccolta. Sarà la voce del popolo aquilano, se lo vorrà , per chiedere allo Stato un atto di giustizia per i morti del terremoto. Essi non sono soltanto i 309 scritti sulle lapidi, ma anche quelli morti dopo, quelli che non hanno saputo o potuto riprendersi dalla catastrofe, e quelli – migliaia e migliaia – che sono stati spogliati della loro città e della loro vita. L’altra vita. A L’Aquila e negli altri centri.
Chi manifesta oggi, con un’adesione corale e vasta, che respinge personalismi e passerelle politiche, vuol essere solo voce di popolo. L’Aquila, se ci sarà , batterà un colpo.
Non si cerca giustizialismo, non si auspica vendetta. La sdentenza della Cassazione è giuridicamente una parola definitiva, in base alle leggi che vigono. Nessuna condanna degli scienziati (non fu mai processo alla scienza), ma condanna dello Stato e della sua protezione civile, anche se umanamente rattrista la figura di un capro espiatorio: non era questo che il popolo chiedeva.
Il popolo chiedeva, e oggi chiede, che si vada fino in fondo, che la strage non sia perdonata o – peggio – sepolta. Lo Stato deve avere la forza, il rigore civile di dirla tutta, di non cercare scappatoie, di mostrare alla gente di esserci e di esercitare la necessaria severità . E’ giù intollerabile un tempo di sette anni, straziante nella sua farragine e nella sua melliflua e molle inefficacia. Qualcosa si simile avvenne per il disastro del Vajont, ironia della sorte nei tribunali aquilani, ma alla fine lo Stato seppe cercare e dare una risposta decorosa, anche se non impeccabile. Nessuna forca, nessun grido isterico oggi: solo un popolo di onesti che cerca una giustizia onesta e non tenebrosa. Non paga per aver punito il più vulnerabile dei potenti alla sbarra.
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