Ponte strallato? Sarebbe una ferita al profilo architettonico della città


Goffredo Palmerini intervista Mons. ASntonini

L’Aquila – Sembra non esserci apertura, da parte dell’Amministrazione comunale e della Regione, a ridiscutere la scelta del ponte tra Porta Napoli e l’ingresso della galleria sulla Mausonia. Anzi, tutto parrebbe correre verso una soluzione con un ponte strallato. Mons. Antonini, studioso autorevole ed appassionato di architettura urbana, che sempre richiama l’attenzione sulla qualità e sulla bellezza dell’Aquila, stimolato dalle nostre domande torna ancora sull’argomento, con alcuni interessanti spunti di riflessione.

Monsignor Antonini, nonostante l’appello lanciato in questi giorni contro la realizzazione del ponte per la Mausonia, a quanto pare sia l’Amministrazione comunale sia la Regione non sono intenzionate ad un ripensamento in merito.

“Me ne rammarico molto, ma ripeto: un ponte di tipo strallato, se piantato tra Porta Napoli e la Mausonia coi suoi alti pennoni e i diaframmi dei tiranti disturberà notevolmente la visione del profilo meridionale della città e del suo sinuoso circuito murario. Oltre il suo straordinario patrimonio monumentale è anche il suo profilo urbanistico storico a rendere L’Aquila tanto tipica e attraente, mentre il volto modernizzante, che le si è voluto applicare dal Novecento in poi, invece di abbellirla l’ha snaturata. Mancasse l’alternativa a detto ponte; ma esiste – quella del tunnel per Martini – che è meno invadente sul paesaggio, non intacca lo skyline urbano ed è meno pesante per i contribuenti. Il ponte non risulta tanto necessario considerando la fetta di città che dovrebbe servire e la prevista futura diminuzione del traffico intra moenia. Tra l’altro neppure risparmia agli automobilisti le difficili curve a gomito subito dopo l’uscita da Porta Napoli… “

Lei darebbe quindi ostracismo all’ammodernamento della città?

“Siamo tutti d’accordo sulla necessità di modernizzare la città ma, ripeto, di grazia, non a scapito della sua forma urbana storica! Fuori pomerio ed ai piedi del colle cittadino senza intralciare la fruibilità panoramica dell’Aquila alta, si dia pur spazio all’urbanistica ed all’architettura contemporanea. Nel centro storico altresì si possono evidentemente immettere architetture contemporanee ma, anche qui, solo in armonia con l’impianto e le cubature della città due-settecentesca. Purtroppo ciò non è avvenuto. La città moderna avrebbe dovuto costruirsi solo fuori Porta e quella antica salvaguardata gelosamente, emergente su quella come una specie di “Bergamo Alta”. Invece dapprima si cominciò a riempire gli spazi inedificati intra moenia con urbanizzazioni come quelle della Banca d’Italia e di Santa Maria di Farfa, avulse tanto dal tessuto urbanistico ortogonale giunto intatto fino a quell’epoca, quanto dalle cubature edilizie delle insulae storiche. Poi si passò allo sventramento del cuore fisico stesso dell’abitato – il ’Vicolaccio’ – ed all’inserzione, in esso, di costruzioni del tutto fuori scala e forma rispetto a quella urbana d’ambito. Infine si è avuta la caotica forsennata urbanizzazione sia intra che extra muros dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi, che per assenza di criterio programmatico ha compromesso il carattere identitario stesso della città.”

Infatti è solo del 1975 il Piano regolatore dell’Aquila moderna.

“Purtroppo i piani regolatori arrivano soltanto dopo che i fenomeni si sono prodotti, sicché con i molteplici interessi che entrano in gioco, pubblici e privati, politici ed amministrativi, tecnici e giuridici, essi possono rimediare solo in minima parte alle storture ormai perpetrate. Spero vivamente che il nuovo piano regolatore in approntamento possa intervenire almeno ad evitare il peggio. Vi riuscirà se esso porrà la Bellezza a tema delle politiche pubbliche e l’imperativo turistico a criterio normativo di base per ogni futuro intervento sull’esistente patrimonio architettonico-artistico della città e dei borghi, e di rigoroso adeguamento, al criterio in parola, di ogni successiva pianificazione urbanistica, paesaggistica ed infrastrutturale del territorio in termini anche di disegno, di cubatura, di materiali, di colore, ecc.”

Anche nella ricostruzione di post-sisma 1703 s’intese modernizzare il tessuto urbano, riuscendo a farlo di alta qualità.

“Sì, fu di alta qualità, ma purtroppo lo si fece cancellando quasi del tutto la forma medioevale e rinascimentale della città a tutto favore della forma stilistica barocca allora in voga e nonostante che molte strutture fossero state soltanto lesionate dal sisma. Perciò oggi noi palpitiamo ogni volta che in questa ricostruzione post-sismica sotto la veste settecentesca si riscoprono numerose belle strutture dei secoli XIV e XV-XVI – paramenti murari, portali, bifore, logge e porticati – che allora erano state occultate alla vista in quanto non le si comprendeva, non le si condivideva più. Però almeno, al contrario che nel ‘900, nel Settecento non si sconvolse l’impianto urbanistico angioino due-trecentesco e, in fin dei conti, neppure le sue cubature edilizie.”

In sostanza la contrarietà sua e delle associazioni culturali alla realizzazione di un ponte strallato per la Mausonia deriva non dal disegno in sé, che ha la sua indubbia validità anche estetica se realizzato altrove, ma perché intacca troppo da vicino la struttura urbana aquilana antica.

“Così è. Il ponte strallato infatti, avendo le proprie strutture portanti elevate sopra la piattaforma stradale e non sotto, distorce la fruizione panoramica del versante antico Sud della città. Auguro vivamente che nell’imminente periodo natalizio e dell’anno nuovo le istituzioni responsabili, tra le altre importanti incombenze che le attendono, vogliano anche considerare senza condizionamenti la proposta alternativa al progetto di ponte sopra ricordata: il collegamento, cioè, tra il parcheggio di Collemaggio e l’imbocco della galleria Est della Mausonia via Martini, tramite tunnel sotto il Viale di Collemaggio.”


19 Dicembre 2015

Categoria : Le Interviste
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