Il centro storico che rinasce
L’Aquila – (di Maurizio Sbaffo, presidente Urban Center, nella foto in basso) ) – In questi giorni, sui mezzi d’informazione locali – grazie agli interventi di Sandro Colagrande, Luca Rocci e Salvatore Santangelo – si è giustamente aperto un dibattito sulla rinascita del centro storico della nostra città, partendo da diverse considerazioni estetico/funzionali sulle pavimentazioni in pietra.
Vorrei dare anch’io un contributo, nella mia doppia veste di architetto e di neopresidente dell’Urban Center, e vorrei farlo allargando la prospettiva del ragionamento.
E vorrei iniziare con una constatazione che ai più potrebbe suonare come una provocazione: a L’Aquila – fino ai primi anni del secondo dopoguerra – il centro storico non esisteva.
C’era la città e nella città la storia era rappresentata da una piazza e dai suoi monumenti principali.
Il concetto di “città storica” appartiene alla nostra epoca e si è evoluto, caso per caso, nella misura in cui la città preindustriale si è dovuta confrontare con le nuove tecniche costruttive e con le nuove tipologie di edifici e spazi liberi.
Ed è così che è nata l’equazione che assimila alla memoria della città storica, la memoria individuale e collettiva di chi la abita, secondo una sottile analisi strutturale dei materiali che hanno contribuito a darle forma nel corso dei secoli: linguaggio, forma e contenuto mediante un lungo processo di sedimentazione e di stratificazione, poiché il flusso del vissuto non avviene mai nel vuoto ma “nella matericità dei luoghi che vi fanno da teatro”.
Gli “strappi” dovuti ai repentini cambiamenti, come quelli subiti a causa del sisma e degli interventi di ricostruzione in atto, possono portare a una mancanza di identità dei luoghi e del loro riconoscimento come appartenente al vissuto, in cui incidono non solo le componenti legate alla memoria e all’identità storica, ma anche quelle legate alle pratiche urbane, alle forme di appropriazione materiale e simbolica, ai processi di significazione, alle rappresentazioni sociali e agli immaginari collettivi.
Il problema quindi della ricostruzione materiale e materica del centro storico non è (o non è soltanto), economico, normativo e tecnico – scientifico.
La possibile carenza di identità, o di identità minacciata da scelte parziali (tutti fenomeni che possiamo facilmente riscontrare nei processi di costruzione della città contemporanea), sarà tanto più probabile quanto vissuta come possibile forma di espropriazione della capacità propositiva e progettuale diffusa nel tessuto sociale.
Se, può risultare quindi rischioso pianificare e progettare il nuovo volto della città storica trascurandone il senso di comune identità, si pone immanente l’obiettivo di favorirne il riconoscimento attraverso le forme e i processi di appropriazione materiale e simbolica, sia in termini partecipativi e di cittadinanza attiva, sia in termini di modalità e pratiche concrete di costruzione e di definizione dei luoghi.
Per tornare ad avere un’immagine condivisa della città storica, bisogna quindi porre in essere tutti gli strumenti partecipativi effettivi che, attraverso la condivisione, possano supplire alla perdita della lenta e rassicurante stratificazione storica radicata nella memoria collettiva.
L’Urban center farà di questi temi il centro dei suoi ragionamenti, in sinergia con l’Amministrazione comunale, l’Università e gli altri luoghi deputati ad alimentare una cittadinanza attiva e consapevole.
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