Le interviste: “Trasformiamo la tragedia in opportunità: usiamo il meglio di noi stessi”
L’Aquila – Bene le case, anche se il metodo di assegnazione è quanto meno claudicante. Male che non si pensi a sufficienza a restituire lavoro alla gente, se si vuole che torni. Chi ha stipendio e posto pubblico, il lavoro ce l’ha. Chi fa l’artigiano, il commerciante, l’operaio, il precario, il part time worker e chi ha diritto alla cassa integrazione, qui a L’Aquila ha poco o nulla da fare. Sarà inutile vivere in una casa antisismica, se non si avrà nulla da mettere nel piatto due volte al giorno… La depressione psicologica aumenterà a dismisura. La voglia, o la necessità impellente, di andar via prevarranno. La città non rinascerà affatto: si ridurrà ad un grosso borgo di impiegati pubblici. Ferve, invece, la vita nella immediata periferia…la politica rifletta su questo. C’è chi ha voglia e capacità di farlo. InAbruzzo.com ha intervistato Giuseppe Di Pangrazio, consigliere regionale, persona attenta e intenzionata a dare un preciso e concreto contributo di idee per la rinascita dell’Aquila. Ecco le dieci domande che gli abbiamo rivolto.
Consigliere Di Pangrazio, come rimettere in piedi questa città senza i difetti che aveva?
—-Vivendo questo momento storico come una grande opportunità: ricostruire L’Aquila in maniera decentrata e policentrica e dotarla di un’adeguata viabilità che faccia da collante tra il centro storico e i nuovi insediamenti urbani.
L’Aquila arroccata, chiusa dentro le mura, non è mai stata “percepita” come un capoluogo. Solo adesso Stefania Pezzopane è percepita come presidente della Provincia e non solo come aquilana in politica. Pensa che la rinascita si debba progettare nel territorio esteso, aperto a tutte le possibilità?
—-Il decentramento demografico rende ormai impraticabile ogni ipotesi di ritorno alla chiusura. La ricostruzione non può prescindere dalla nuova dimensione estesa del capoluogo e da questa deve trarre linfa, perché L’Aquila rinasca come città moderna, policentrica, con una più alta qualità della vita.
Rinascere vuol dire rimettere tutto “com’era e dov’era” come affermano alcuni?
—-Penso che bisognerebbe riflettere bene prima di sposare certi slogan. Il “com’era e dov’era” ha fatto sì che L’Aquila soccombesse al terremoto; ci sono motivi di utilizzazione del territorio che non possiamo continuare ad ignorare, altrimenti la città è destinata a risorgere con gli errori del passato
Cosa può diventare L’Aquila terremotata dopo il terremoto, magari carpendo possibilità che si scorgono solo adesso?
—-Quella che dobbiamo ripensare e ricostruire è una città , bella come prima con le valenze artistiche –storico-culturali ma senza i difetti del passato. La struttura urbanistica del centro era bellissima e deve essere di nuovo affascinante a misura dei cittadini. Nuovi edifici e progettati secondo linee guida basate sul rispetto ambientale, con impatti minimi sul territorio. Dobbiamo essere capaci di trasformare una tragedia in opportunità sociale e ambientale, realizzando modelli urbanistici più vicini alla qualità della vita dei cittadini.
C’è un ateneo, ci sono strutture ad altissima tecnologia (pensiamo a Telespazio), cervelli, ricercatori, possibilità inespresse: il terremoto può essere usato per diventare migliori?
—-La ricostruzione Università deve servire anche a far diventare l’Ateneo più importante esportando su tutto il territorio provinciale i saperi e utilizzando e centri di valenza internazionale, presenti sul territorio provinciale, per centrare il duplice obiettivo diventare L’aquila Città di relazione di un più vasto territorio e utilizzare strutture, quali Telespazio e Micron , come punti attrattivi internazionali per alta specializzazione post laurea.
Occorreranno specialisti, invenzioni, brevetti, tecnici e progettisti del futuro.
—-Sicuramente è questo il momento di tirare fuori il meglio di noi stessi; l’energia sprigionata dalla terra è la stessa che anima tanti giovani che hanno scelto di non abbandonare L’Aquila. Ora si aprono opportunità di lavoro per laureati, artigiani, giovani. Ad esempio immaginiamo un centro universitario di monitoraggio sul fenomeno dei terremoti con laboratori di ricerca per tecnologie e materiali da utilizzare nei paesi del mondo dove sono frequenti i fenomeni sismici e un’ industria collegata che realizza modelli tecnologici da esportare in tutto il mondo. Pensiamo ad una scuola di restauro del legno sapendo quanto lavoro c’è da fare. Pensiamo a ciò che non c’è e che sarebbe indispensabile avere.
Magari si potrebbe anche aspirare a diventare… specialisti in terremoti.
—-All’indomani della tragedia L’Aquila è stata sede di dibattiti, convegni e incontri tra i massimi studiosi del fenomeno terremoto. Trattandosi, ahimè, di evento ancora imprevedibile, auspico che
la città diventi luogo di sperimentazione di tecniche antisismiche per la ricostruzione e di predisposizione di progetti di recupero e di adeguamento sismico.
Come attirare dall’Italia, dall’Europa e dal mondo giovani, intelligenze, creatività da usare in questo momento?
—-La classe politica deve avere in tal senso un ruolo determinante, elaborando tempestivamente forti idee propositive per l’avvenire della città. E’ necessario dare vita a progetti sostenibili di lungo termine, capaci di attrarre diversi gruppi di interesse. Solo così si può dar vita ad un ambiente molto fertile per la proliferazione delle idee. Soprattutto non avendo paura di perdere ma avendo il coraggio di osare per costruire un modello di società più sicura e più felice.
Nel 1703 la città rinacque barocca e nobiliare, tra palazzi e cortili, chiese e monumenti in stile di quel momento. Oggi occorrono sì monumenti e arte, ma anche molto altro.
—-L’Aquila va ricostruita secondo criteri fortemente innovativi, decentrata e policentrica. Di fatto, è già una città estesa. Il centro storico va recuperato, perché identità e memoria storica di una città più vasta, che ha comunque bisogno del suo cuore pulsante. Non è facile i concorsi di idee possono aiutare.
Cos’ha in mente, da consiliere regionale della provincia aquilana, per dare impulsi e inculcare idee nuove?
—- Ritengo che una città che si apre al territorio riesca nel tempo ad allargare la sua mentalità, mobilitando intelligenze, creando nuovi saperi e nuovi mestieri. Dobbiamo essere abbastanza intelligenti per assecondare questo cambiamento epocale.
Ora c’è bisogno che i cittadini percepiscano realmente che la politica vuole fare la propria parte in maniera giusta senza interessi diversi da quelli di fare e fare bene nell’interesse comune. (Nelle foto Col: Giuseppe Di Pangrazio, Telespazio e la Technolabs)
(intervista di Gianfranco Colacito)
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