Lettera a Miele che non corre più
L’Aquila – Gianfranco Giustizieri ci rende partecipi di una commovente lettera che volentieri pubblichiamo: “Ciao Miele,
ora corri, corri per prati immaginari con la libertà che hai sempre voluto.
Ti ho conosciuto molti anni fa quando, curioso, affacciasti il tuo muso tra le sbarre del cancello attirato dai miei due cani Holden e White. Mi fosti subito simpatico. Avevi pochi anni, un muso arguto su cui brillavano due occhi di un marrone intenso dolcissimo. Il pelo di un bel colore ambrato, pulito che non rivelava la tua origine di cane abbandonato. Ti chiamai ma non ti fidasti e subito sparisti alla curva della stradina. Fu solo la prima conoscenza, fulminea, ma segnò i giorni e i tempi successivi.
La tua storia o leggenda locale narrava di un tuo ridiscendere dalla piana di Cascina, dove eri stato lasciato, fino a Coppito, alla ricerca, forse, della persona di cui ti eri fidato. Incominciasti a stazionare vicino ad una villetta, all’aria aperta, mai cancelli o costrizioni varie. E così per anni, sotto il sole e la pioggia, con la neve o il caldo torrido. Vagavi nella zona avendo i tuoi punti di riferimento; per tetto il cielo, per casa il prato o l’aiuola esterna alla casa a cui ti eri appoggiato. Un pasto quasi sempre da chi ormai aveva imparato a conoscerti. Miele, ecco, questo fu il giusto nome che ti dette Eleonora.
Il sisma di quella notte ti lasciò solo, tutti fuggiti, andati via. Solo Fabrizio, rimasto nel campo di accoglienza e di lavoro, non ti dimenticò: la ciotola d’acqua sempre fresca e il cibo quotidiano. La vita riprese e da allora tornasti sotto casa da quella prima volta, quasi un appuntamento segnato e rimandato nel tempo. Ogni pomeriggio, quasi sempre alla stessa ora, ti presentavi e se la ciotola non c’era reclamavi la nostra attenzione con il tuo vocione come per dire: sono arrivato! Ma guai a cercare di portarti dentro, di cercare di chiudere il cancello soprattutto dopo la morte di White e Holden, di farti nostro, mai un gradino in più per timore del cancello chiuso all’improvviso e se ciò si tentava era un abbaiare continuo, un voler andare via a tutti i costi. Ti ho rispettato e il cancello è rimasto sempre aperto. Da allora tanto tempo trascorso, tanti frammenti di storie, il tuo mosaico personale.
Ormai ti sorvegliavo anche a distanza, ogni passaggio in macchina era un’occhiata per vedere se c’eri. Poi un giorno l’incidente con la macchina che ti travolse. Il tuo ricovero al settore veterinario della Asl, le cure alla zampa offesa, la fuga dal recinto con addosso il collare elisabettiano, la ricerca affannosa, il ritrovamento per il Viale della Croce Rossa grazie ad un’intuizione: eri diretto verso casa, verso il tuo cielo, verso il tuo campo! Così microcippato e sterilizzato presi l’affido e divenisti ufficialmente il cane di quartiere. Altre storie, altri frammenti. Cristiana procurò la tua piccola casa e la posizionammo nell’area che frequentavi con il permesso dei proprietari. Ce ne volle per entrare: la casetta lì ma tu fuori. Poi ti decidesti, assaporasti il piacere di quel piccolo rifugio, finalmente! La pioggia ormai la scrutavi quasi affacciato ad una finestra come godevi i raggi del sole sul muso ambrato. Ogni tanto una visita di Cristiana, le medicine che ti servivano, insomma curato e sorvegliato ma sempre nel rispetto della libertà che esigevi. Qualche volta sparivi, ricerche affannate per ritrovarti ma il giorno dopo rispondevi sempre all’appello. Intanto il tempo incideva, sempre più lento nel cammino, un’artrosi che t’impediva di venire, allora noi incominciammo a venire quotidianamente da te: acqua fresca e cibo sempre a disposizione. Fino ai giorni recenti, quasi fulminei. Cristiana ti ricoverò immediatamente, tutte le cure possibili dai medici della Veterinaria Centro Italia: condizioni precarie per l’età, l’artrosi progressiva e la scoperta con le radiografie che ti avevano sparato, chissà quando! Tempo vicino, tempo lontano? Una decina di pallini di un’arma ad aria compressa, e forse due o tre di un’arma più letale erano cosparsi sulla tua muscolatura, nascosti, occultati ad occhio nudo, il tuo pelo color miele aveva coperto tutto. E’ stata l’ultima scoperta, l’ultimo tuo mistero.
Ciao Miele, ciao clochard che hai voluto essere!
(Miele ora … corre nei prati del Cimitero per animali “Via nel vento” di Pizzoli)
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