L’Aquila? Cassintegrati, fuggitivi e mercanti senza bottega – Zona franca svanita nel nulla


L’Aquila – Era una città di 72.000 abitanti, più molte migliaia di persone che vi vivevano tutto l’anno, pur non risiedendovi anagraficamente. Studenti, finanzieri, immigrati, più o meno 100.000 abitanti. Un centro esteso sul territorio, con grandi periferie ormai a due passi dai comuni limitrofi come Pizzoli e Scoppito. Tirando le somme, la “grande” Aquila ospitava 110-120mila persone. Un’area urbana estesa, grande anche se la città è sempre rimasta una piccola città. Per fortuna.
Questo esattamente fino a 284 giorni fa. Sono trascorsi nove mesi e mezzo, ed è doveroso domandarsi cos’è L’Aquila oggi, adesso.
BARACCOPOLI – Prima di tutto un agglomerato sterminato di baracche e quartieri antisismici con migliaia di persone dentro, accalcate, mentre spuntano ovunque i MAP, la case di legno. La distanza tra un capo e l’altro della new town super anche i 10 km. Ma migliaia di persone abitano anche a 15 km di sitanza da un centro ipotetico, che non esiste più come collettività urbana. E’ maceria. La ricostruzione è al di là da venire, non illudiamoci mai che possa essere diversamente. Gli onesti, quelli che non ingannano, come Bertolaso, parlano di 10 anni: ma forse in cuore loro non ci credono. Forse 20. Se basteranno.

FUGGITIVI – Alcune migliaia di persone sono fuggitive: sono andate via, promettendo che torneranno. Ma di fatto sono già a Pescara e altrove, e mettono radici. Fra qualche tempo, non sentiranno più il bisogno di tornare. Del resto, se uno è giovane, a L’Aquila oggi non può trovarsi bene. Una città senza la città non esiste. Gli innamorati dei centri commerciali e delle loro finte allegrie comprendono, adesso, che un iper non è vita; che per esserci, occorre una città.
CASSINTEGRATI – Continuiamo, utilizzando dati freschi. Ieri Stefania Pezzopane ha parlato, con l’assessore Giorgi, di 7.500 in cassa integrazione, l’80% a L’Aquila. 1.300 sono in mobilità. La CIG ha avuto un mostruoso aumento del 726%. Il dirigente provinciale Tiziano Amorosi ha rivelato che nei centri per l’impiego si è arrivati a 15.000 assistiti. Erano meno di 10.000 un anno fa. La Pezzopane, rimboccandosi le maniche perchè piangersi addosso è inutile, ha parlato di “gravissima emergenza economica”. Mai parole furono più precise e autentiche: gravissima.

COMMERCIO FUSO – Il commercio è dilaniato, fuso. Centinaia di botteghe sono sparite, in centinaia cercano bottega ma si sentono chiedere prezzi e affitti da rapina. Non è difficile predire che moltissimi di coloro che animavano commercialmente il centro, non riapriranno mai. O lo faranno altrove. Significhà forse vantaggi per chi resta, non certo per consumatori, dipendenti, fisco. Un altro dato impressiona: si cercano badanti, sono lievitate le necessità, tanti anziani e tanti non autosufficienti, e anche tanti che “non ci stanno più con la testa”, come ci ha detto elegantemente uno strizzacervelli. Le risposte a questa contorta, torva e drammatica nuova identità non stanno venendo, ci sono lentezze e burocrazia, il Comune pare più lumaca e indeciso di quanto sia mai stato. La Regione non predispone strumenti e risorse adeguati, sembra non rendersi conto. Della zona franca, infine, non parla più nessuno: le forze politiche sembrano intente nelle dispuste sulla scelta del candidato PdL alle provinciali.
ZONA FRANCA DILEGUATA – Abbiamo più volte lanciato l’allarme zona franca scomparsa. Nessuno ci ha risposto, tanto meno i politici che contano a Pescara. La Pezzopane ha ieri dato un ultimatum: o ci muoviamo bene e presto, oppure non ci sarà rinascita. Fare case (che non bastano neppure) non equivale a rinascere. Tutt’altro: potrebbero essere ghetti per disperati, psicolabili, derelitti, macerie umane. (G.Col.)
(Nelle foto Col: Baraccopoli dilaga lungo viale Croce Rossa – Collemaggio: messa in sicurezza in atto, ma di ricostruzione non si può parlare neppure – Corso Vittorio Emanuele la mattina)


17 Gennaio 2010

Categoria : Economia
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