Basta con l’atmosfera malsana
Che ci fosse qualcosa di scostumato nelle puntellature degli edifici terremotati lo aveva intuito anche il più garantista dei cittadini. E che prima o poi dovesse scoppiare il bubbone, era quasi un’attesa ineludibile. Non è che un capitolo della ricostruzione, uno dei tanti che si annidano negli uffici giudiziari. Ma accresce l’atmosfera malsana di cui la città è stanca. L’aria divenuta irrespirabile, deprimente.
Ora si sente dire e si legge che qualcuno ha qualcosa a dire. Suona come un ammonimento, come un dito alzato o puntato. L’Aquila ogni giorno di più somiglia a qualcosa che non le apparteneva: una comunità di ombre, di segreti, di connivenze e di illeciti. C’è magma sotto i nostri piedi. Se qualcuno ha da rivelare fatti e illeciti, parli finalmente. Emerga tutto, e facciamola finita. Non c’è di peggio di una storia mai finita, che gorgoglia, brontola, schiuma e preme. La ricostruzione dovrà essere anche questo: un taglio, e paghi chi deve pagare. Qualsiasi prezzo. Muri, gru, cemento, cupole e tetti dovranno appartenere ad una città nuova, pulita. Sarà possibile?
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