Orto botanico, gioiello da salvare
L’Aquila – Scrive Franco Taccia: “Leggo del rischio di chiusura (definitiva) dell’orto botanico di Collemaggio. Soltanto pensare che possa succedere dovrebbe provocare vergogna in qusi tutti quelli che, purtroppo per L’Aquila e gli aquilani, da decenni hanno partecipato vario titolo alla amministrazione della città ed alla “gestione” del così detto “bene comune”.
Il piccolo gioiello che da anni rappresenta l’unico spazio nel quale alberi, aiuole, piante di ogni tipo siano state curate, da gente che evidentemente ci capisce, senza che sulle stesse prendessero il sopravvento i cordoli in cemento, la plastica e tutte le altre schifezze che da sempre a L’Aquila vengono associate al verde è sempre stato un esempio di come la natura andrebbe assecondata, curata e non “manomessa” da chi al massimo potrebbe occuparsi della realizzazione di un campo da bocce.
Dovunque sia in Italia che nel resto del mondo sul verde si interviene soltanto per preservarlo, renderlo fruibile senza sfregiarlo. Qui non è mai stato possibile, e non tiriamo in ballo il terremoto come alibi. Manca la cultura del verde, inutile anche discuterne. Se il prato di fronte alla Torre Eiffell stesse da noi sarebbe circondato da “cessi chimici” e arricchito da qualche manufatto ad uso paninoteca.
Si realizza un’area per i cani (a Pettino) e invece di pensare solo alla recinzione, ad una fontanella, a qualche albero e ovviamente a taglio dell’erba e alla pulizia la si lascia in malora, non senza averla corredata di mattoni e calcestruzzo.
Il parco del castello ridotto come tutti sappiamo, gli spazi verdi, dovunque situati, per i quali tocca quasi elemosinare l’intervento per realizzare un paio di tagli l’anno, senza che il “tagliato” venga raccolto e lasciato invece a marcire per mesi. Nei decenni, periodicamente sistemazione degli stramaledetti cordoli con una “sputazza” di cemento che non deve mai mancare, perchè l’idea fissa è che l’albero debba essere incorniciato dalla mano dell’uomo.
Piazza d’Armi che doveva essere il polmone verde della città storpiata da costruzioni di ogni tipo, comprese le palazzine della GGFF e con il colpo di grazia del piazzale del mercato( voluto a furor di ambulanti ma con decine di postazioni che prima stazionavano a Piazza Duomo sparse dounque nel perimetro urbano), sempre più simile all’ex area di risulta di Pescara, nei pressi della stazione ferroviaria, con tonnellate di cemento tanto per cambiare.
Adesso manca solo che qualche genio locale con velleità di competenza politica, trovi la soluzione del problema “orto botanico”. Magari con quella terribile parola, “riqualificazione”, grazie alla quale si troverà la scusa per aprire un nuovo bar, possibilmente permettendo alle auto degli avventori di arrivare a mezzo metro dal bancone.
Nel frattempo le rotatorie vengono curate in maniera maniacale, specialmente se c’è un’adunata in vista. I marciapiedi di alcune zone sono impraticabili per via dei cespugli che li ostruiscono e la facciata della Basilica di Collemaggio, aspettando l’intervento del “cane a sei zampe” è stata “abbellita” chissà da chi e a che titolo
con una serie di vasi posti ai margini del prato (si fa per dire).
Tempo fa qualche buontempone si fece scappare allucinanti analogie tra L’Aquila ed altre città “vere”, qualcuno addirittura si augurava che qualche famoso regista
la usasse pe l’ambientazione di qualche film.
Basterebbe che tra tante persone pagate con i soldi dei contribuenti ce ne fosse una soltanto preparata in “botanica”, chessò, almeno un Perito Agrario, uno che dovendosi occupare del verde non si presenti con cazzuola, callarella e cemento a presa rapida.
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