Legge ricostruzione, i commi da cambiare


L’Aquila – (di Massimo Cialente, sindaco dell’Aquila) – Nel decreto approvato l’11 giugno 2015, all’articolo 11, è stato inserito, in 16 commi, una parte dell’articolato della legge per la ricostruzione del cratere abruzzese, preparato attraverso tante e ripetute riunioni con associazioni, istituzioni, sindacati e quant’altro.
Sapevamo che nel decreto approvato sarebbero rientrati solo una parte degli articoli della legge da noi preparata. Di fatto c’era l’accordo con il Governo che, in sede di conversione, sarebbero stati presi in considerazione altri aspetti, confrontando questo testo con il disegno di legge presentato dalla senatrice Pezzopane. Altri punti, quali ad esempio il problema ormai drammatico e paralizzante del personale all’esame dei progetti, dovrebbero invece essere, a giorni, ricompresi in una delibera CIPE attesa per la prossima settimana.
L’art 11, al comma 15, ha dato un minimo di ossigeno alle finanze dei Comuni, mettendo in condizione, il Comune dell’Aquila di approntare il rilancio, sebbene con la necessità di un aumento delle imposte.
Ma nell’art 11 del decreto, vi sono delle previsioni normative che riteniamo di non poter condividere, e che sono state inserite dall’ufficio legislativo o forse dalla stessa struttura dell’anticorruzione.
Il primo di questi, è il comma 2, dove si prevede che il progettista ed il direttore dei lavori non possano avere avuto, negli ultimi tre anni, rapporti di natura commerciale, professionale o di collaborazione, comunque denominati, con l’impresa affidataria dei lavori di riparazione della ricostruzione, anche in subappalto. Ritengo che la previsione, peraltro contenuta nella nostra proposta, sia andata oltre le intenzioni.
Noi pensavamo solo ad un rapporto di dipendenza vera e propria che, indubbiamente, avrebbe posto problemi possibili di conflitto di interessi.
Si è andati oltre perché, in un comprensorio piccolo come il nostro, è impensabile che negli anni non vi sia stato alcun rapporto professionale, anche il più semplice, come può essere un accatastamento, tra progettisti e ditte aquilane.
Su questo punto condivido quindi pienamente le preoccupazioni manifestate dall’Ordine degli Ingegneri e dall’ ANCE e credo che dovremo assolutamente chiedere una modifica.
Altra preoccupazione è al comma 7, nel quale si prevede “In caso di fallimento dell’affidatario dei lavori o di liquidazione coatta e concordato preventivo dello stesso, nonché nei casi previsti dall’art. 135, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, il contratto per la realizzazione dei lavori di riparazione o ricostruzione s’intende risolto di diritto.”
Anche in questo caso, mentre era necessario porre un freno allo scandalo di commesse vendute da aziende fallite o in liquidazione, riteniamo che non sia giusto, poiché va contro il senso della legge, estendere la risoluzione del contratto anche alle aziende in concordato preventivo.
Al più, in questo caso, si dovrebbe lasciare la libertà al committente di decidere se confermare o meno l’incarico alla ditta che, in quanto in concordato preventivo, potrebbe mantenere intatta la capacità di procedere ai lavori, al più inserendo una previsione del pagamento dei sub appaltatori direttamente da parte del committente stesso.
Altro errore a mio avviso politico, direi ideologico, è quello che rinvia al Presidente del Consiglio dei Ministri la nomina dei direttori dell’USRA. Significherebbe rinunciare, come era invece stato previsto dal Governo Monti, alla condivisione con i Comuni e ripercorrere gli errori gravissimi commessi dal Governo Berlusconi, di tenere fuori gli enti locali dalla ricostruzione e di imporre un Commissariamento che, come sappiamo, si è rivelato disastroso.
Colpisce che sia proprio il governo Renzi a tornare indietro, come a voler sottintendere una scarsa fiducia nelle competenze degli enti locali.
Come presto la storia ricostruirà, in questa tragedia nella quale il sistema Italia ha mostrato tutte le sue pecche ed insufficienze, la mancanza persino di etica della responsabilità, emergeranno i gravi limiti del Governo e del Parlamento ed emergerà il ruolo di responsabilità e sacrificio dei comuni che, il più delle volte, hanno dovuto affrontare compiti e problematiche da soli, facendosi anche carico di problemi di ordine pubblico e della disperazione dei cittadini delusi quando addirittura non umiliati.


17 Giugno 2015

Categoria : Attualità
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