La pasta italiana è davvero italiana?
L’Aquila – Yahoo Notizie riapre una vecchia piaga, che da sempre rimane senza una risposta, specie in Abruzzo, la regione di grandi aziende che producono pasta alimentare.
Ecco cosa è stato scritto nelle ultime ore.
“Il 40% del grano non è italiano? Il segreto della pasta è la pasta, recita la pubblicità di una nota marca di pasta. Bene, in realtà di segreti la pasta italiana ne ha anche un altro. E cioè che non è proprio italiana al 100%, perchè il grano con cui viene prodotta proviene da Paesi come Canada, Stati Uniti, Ucraina, Venezuela.
La notizia arriva da un’inchiesta de Il Fatto Alimentare e del Corriere della Sera e fa rabbrividire gli autarchici e i nazionalisti: secondo i quotidiani, oltre il 40% del grano mischiato con quello italiano proviene dall’estero. Il problema, però, non si porrebbe, se le aziende produttrici mettessero questi dati sulle etichette e sulle confezioni del prodotto, nel buon nome della trasparenza. E invece tutte – o quasi – le aziende e i brand rifiutano di far conoscere la provenienza della loro materia prima perchè temono di perdere clienti affezionati all’idea del made in Italy.
Una dicitura in alcuni casi corretta, se si considera che le operazioni di trasformazione e miscelatura vengono fatte in suolo italiano e quindi secondo la legge permettono alle aziende di inserire la denominazione di garanzia del made in Italy.
Quella dell’importazione di grano duro da altri Paesi è però storia antica, antichissima, perchè – strano ma vero – l’Italia non è in grado di coprire con la produzione nostrana l’intero fabbisogno, ma soltanto un 60%: basta vedere le vecchie foto esposte in alcuni pastifici per vedere immagini di navi russe che scaricano grano al porto di Napoli.
Ed è comunque la qualità l’elemento indiscutibile e il punto di forza su cui battono le aziende, da Barilla a De Cecco, da Divella a Garofalo: per un’ottima pasta è necessario scegliere i grani migliori, indipendentemente da dove provengano, senza transigere sulle garanzie di salubrità e di controllo”.
Bene, ma allora perché sulle confezioni non è scritto chiaramente da dove provengono i grani adoperati? E perché sulle bottiglie d’olio non è scritto da dove vengono le olive adoperate?
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