San Massimo, sei anni di rovine e ritardi
L’Aquila – Prima dell’aprile 2009, nella sontuosa cattedrale aquilana di San Massimo c’erano stati lunghi e costosi lavori di restauro, e il tempo era rimasto chiuso a lungo. A ponteggi non ancora del tutto rimossi, arrivò la distruzione sismica, che ha colpito l’edificio e le strutture curiali attorno alla chiesa in modo profondo. Un crollo imponente, che rappresenta un’orbita vuota nel panorama aereo del centro. Danni enormi, preventivi faraonici, tira e molla tra chi voleva dominare sulle procedure di appalto e di affidamento dei lavori. Polemiche. Come sempre. La sola emergenza in questa, che è una delle tipiche vicende aquilane del doposisma, è che arriva il 10 giugno, l’ennesima festa patronale dedicata al santo, e arrivano anche i sei anni di nulla.
La rovine sono rovine, tutto è deteriorato, i soldi che cinque anni fa forse sarebbero bastati, oggi sicuramente non bastano più, ammesso che ci siano. All’interno della basilica cattedrale, dice chi è riuscito a entrarci superando barriere e porte sbarrate, sono cresciuti diversi cespugli e alberelli. La jungla tra gli stucchi e gli ori fasulli di un tempio rovinato al suolo nella parte centrale, il transetto tra abside e navata principale.
San Massimo è sempre stata una brutta chiesa, almeno per quanto riguarda la facciata su Piazza Duomo, che a sua volta è sempre stata una piazza grande, ma sciatta e male arredata. Gli orribili lampioni a globi sempre sporchi, con fili elettrici appesi e attaccati da ambulanti e bancarellari. Pavimentazione sconnessa, sporca e spesso anche maleodorante. Il profilo irregolare degli edifici attorno all’ellisse della vasta piazza. Insomma, il luogo potrebbe essere molto più bello, se ci si affidasse ad architetti di buon nome e si eseguissero interventi non certo costosi.
Oggi, ovviamente, è tutto peggiorato, la vitalità di un tempo non c’è più, molti palazzi ed edifici (anche restaurati) sono vuoti, l’illuminazione nella zona è un disastro, e le scorrerie di ladri e vandali praticamente ogni notte (l’ultima ai danni dello storico bar Nurzia) sono la regola, ormai lì come in tutta la città .
La celebrazione del patrono in questo 2015 avviene in questo contesto. Da sei anni. Se fossimo in altri tempi (ma forse in parte ancora ci siamo) fedeli e fanatici direbbero che una città senza la sua chiesa, la sua cattedrale, è senza volto, senza presente, senza conforto.
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