Unità di missione: governance e democrazia
Chieti – L’avvocato Isidoro Malandra (oltreabruzzi.wordpress.com) scrive: “Il 30 dicembre scorso il Comitato aquilano 3e32 ha inviato una lettera aperta al Presidente della Regioni Abruzzo Chiodi chiedendo quali azioni intende intraprendere per realizzare l’unità di missione e come la partecipazione dei cittadini verrà garantita. Il Comitato sembra far proprie le proposte emerse dal workshop tenutosi a Roma il 3 luglio 2009, coorganizzato dall’Ocse e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. Proprio dal workshop è venuta fuori la proposta di istituire una “unità di missione” che abbia il compito di coordinare e far circolare le informazioni tra i diversi livelli della governance, dalle istituzioni locali all’imprenditoria privata, dall’Università ai residenti, agli studenti e a tutti gli altri membri della società civile. Secondo l’Ocse ci sarà bisogno di prendere, in tempi stretti, decisioni sulla ricostruzione che avranno influenza sul lungo termine e sulle quali va costruito il massimo consenso. E la società civile, in questo quadro, deve essere informata e deve poter partecipare all’elaborazione della strategia di rinascita dell’Aquila. Ma davvero è questa la partecipazione auspicata dal Comitato 3e32? Davvero è questo il modello che il Comitato intende sostenere? Ormai da decenni si discute, a livello internazionale, di governance dei processi economici e sociali. Qualcuno da anni sostiene che non si tratta di altro che dello spostamento dei processi decisionali dalle sedi politiche deputate a luoghi esterni in cui vengono contemperati non gli interessi delle classi e dei ceti sociali ma dove trovano invece realizzazione gli interessi di grandi lobbies; perché grandi lobbies diventano, in questa logica, le istituzioni politiche ed amministrative, l’università, i poteri economici privati. La governance però non prevede conflitti e quindi il consenso va costruito coinvolgendo la società civile. Non è questo il modello di partecipazione che alcuni comuni italiani stanno sperimentando! Non è questa la partecipazione che si va concretamente realizzando in America Latina!
La governance, acriticamente assunta dal Comitato 3e32, è la negazione dei processi di partecipazione democratica, che anche di conflitti si nutre e non solo di consigli regionali, provinciali e comunali. Si tratta di questione astratta, o peggio, di questione ideologica? No, no: si tratta di questione che ha ricadute molte concrete. Perché c’è una bella differenza se le decisioni vengono assunte da una “unità di missione” o se invece vengono assunte da un organismo politico collegiale. Si tratta di processi radicalmente diversi da quelli della governance, in cui la permeabilità delle istituzioni è pari alla forza dei movimenti politici e sociali. In concreto: c’è differenza tra l’avere uno strapuntino nell’unità di missione (a proposito: si vota nell’unità di missione? E chi vota?) e l’essere sentiti dalla commissione consiliare che deve discutere della legge regionale sulla ricostruzione. C’è differenza se le decisioni vengono assunte da un organismo collegiale formato da persone elette, che ai cittadini devono rispondere, oppure da un organismo di persone nominate che solo a Berlusconi risponde. Giustino Parisse sostiene su Il Centro che la ricostruzione è ancora da pensare, che non ci sono norme, regole, indicazioni. E invece le norme sulla ricostruzione ci sono e sono quelle, mai discusse, contenute nelle ordinanze berlusconiane che definiscono perfino i criteri tecnici per la ricostruzione materiale delle abitazioni. Mancano, certo, gli strumenti di programmazione e di pianificazione del territorio, ma per quelli bisognerà aspettare le ordinanze del Chiodi commissario unico o del Sindaco uomo solo al comando; e nel decidere si avvarranno del supporto non dei consigli eletti ma dell’unità di missione già nominata per metà da Berlusconi. Mi auguro che le amiche e gli amici del 3e32 vogliano ripensare la questione e decidere una volta per tutte di rivendicare il ruolo che alle istituzioni elettive, pur squalificate, spetta costituzionalmente. Come si fa a credere che la partecipazione buona e necessaria è quella propagandata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico? Ma non vi siete accorti che le linee di sviluppo su cui lavorare (ad esempio università e business) le hanno già elaborate nel workshop del 3 luglio “with a limited selected number of partecipants”?
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