Archeologia, ma ad interim
Interim è una parola latina (lo diciamo per gli studenti, sai com’è…) che significa pressappoco “frattanto, nel frattempo”. Si usa da secoli, e si continua ad usare specialmente nella politica e nella burocrazia italiane, malfamate nel mondo per essere bizantine, fumose, involute, sovente corrotte, spesso indecifrabili perché i cittadini non capiscano e continuino a votare, sperando di capire domani.
Il giochetto non funziona più, tant’è vero che a votare non ci va quasi più nessuno.
La nomina di un funzionario ad interim per la direzione della sovrintendenza archeologica abruzzese, che si trova a Chieti, è – ma non serviva – la prova. Avviene dopo due anni di vuoto, e spedisce tra noi un funzionario non definitivo. Come dire: poi si vedrà . Magari fra altri anni. Il poi in Italia può avere significati inquietanti.
Quale difficoltà trovino i grassi dirigenti ministeriali nel nominare un dirigente archeologico, è impossibile da capire. Di lavoro per gli archeologi in Italia (contrada ricchissima di archeologia) ce n’è poco o niente. Ne serve uno, e perdono due anni per nominarlo, per poi ricorrere ad un interim. No, non chiedeteci il perché. Neppure il dio egizio Osiride, di divina sapienza e di residenza stellare, potrebbe rispondere. Facile invece ricordare che in Abruzzo abbiamo un immenso tesoro archeologico che risale a molto, molto prima di Roma: ricco, esteso nelle epoche remote, documentato, emerso qua e là , spettacolare. Una risorsa che potrebbe arricchire l’Abruzzo e magari anche qualche mente arida e inselvatichita. Ma anche una risorsa che l’ignoranza politica ha sempre disprezzato e sottovalutato. Oggi arriva la conferma: quell’interim è non solo desolante, ma offensivo. A prescindere dal valore indubbio della persona scelta.
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