Rabottini nel baratro del doping
IL SUO CASO FA TORNARE ALLA MENTE QUELLO DI DANILO DI LUCA
Pescara – (di Stefano Leone) – Il 22 maggio 2012, il nostro giornale pubblicò una lunga intervista realizzata con Luciano Rabottini, papà di Matteo che, impegnato nel Giro d’Italia di quell’anno, il giorno precedente aveva sbancato il Giro con una impresa d’altri tempi, sulle terribili discese e salite delle Prealpi Lombarde. Mise in fila, dietro di lui, compagni ed avversari nella 15° tappa del 95esimo Giro d’Italia.
Impresa dal sapore del ciclismo di altri tempi, quello più agonistico e meno tecnologico, quello aggressivo e meno studiato, insomma Matteo fece emozionare, con il nodo alla gola, anche campioni consumati come Bugno e Gimondi. I resoconti delle cronache parlarono solo di lui, il “ragazzino” pescarese che aveva dettato legge al Giro. A lui si inchinarono le grandi montagne e la loro bellezza, ma anche le migliaia di sportivi lungo il percorso; non ultimi i suoi avversari. Oggi, così come pubblicato in altro articolo, il nostro giornale è portato a pubblicare una notizia in stridente contrasto con quella che conclamò Matteo nel 2012. Oggi Matteo ha 27 anni ed è incappato nel buco nero del doping. Matteo Rabottini è stato squalificato dall’UCI (Unione Ciclistica Internazionale), per due anni. Potrà tornare alle corse dal 6 maggio 2016. Rabottini era risultato positivo all’Epo il 7 agosto 2014. Il ciclista abruzzese era stato escluso dai possibili convocati per il Mondiale di Ponferrada dal commissario tecnico Davide Cassani dopo la conferma della positività arrivata con le controanalisi del 13 settembre scorso. L’entità del provvedimento è stata ridotta di tre mesi per aver cooperato con le autorità antidoping. Appena saputa la notizia, il pensiero di tifosi, sportivi e addetti ai lavori, a Pescara e in Abruzzo, è andato ad un altro caso scellerato di un ciclista pescarese dei nostri tempi: Danilo Di Luca. Un bruttissimo epilogo per un corridore sul quale, dopo Di Luca, appunto, il ciclismo pescarese e abruzzese contava molto. Parliamo di epilogo, (augurandoci di sbagliare per il bene del ragazzo e del ciclismo abruzzese), poiché una squalifica di 24 mesi, all’età di 27 anni, significa tornare alle corse agonistiche alla soglia dei 30 anni e, cosa ancor più pesante, con il marchio del doping. Questa è la realtà. Bruta, cruda finchè si vuole ma è così. Due storie, Di Luca e Rabottini, stesso baratro sportivo. Una sola domanda: perché?
Non c'è ancora nessun commento.