2010, l’alba di un anno incerto


L’Aquila – (di Flavio Colacito, psicopedagogista) – Nove mesi sono ormai passati e questo 2010 si apre all’insegna di pesanti responsabilità civili e penali. La città dell’Aquila si appresta ad affrontare un nuovo anno tra mille problemi, tutti accomunati dal medesimo nodo cruciale: che ruolo avrà la città dopo il rapido esaurirsi della fase legata all’emergenza? Quale sarà la sua identità? Sostanzialmente una domanda che pone più di un dubbio,in particolare per quanto riguarda il patrimonio artistico ed architettonico del centro storico. Forse non a tutti è chiaro che una città è tale se ha un centro , dove c’è movimento e quindi vita, fatto di persone, uffici, negozi, gente che va e viene. Una città si definisce in relazione alle sue piazze, ai suoi palazzi, ai suoi luoghi di aggregazione, in particolare se ad affollarli sono gli universitari che con la loro presenza contribuiscono ad incrementare l’economia legata ad un ateneo in crescita quale era quello dell’Aquila, oggi a rischio anche se non c’è stato un calo delle iscrizioni drastico come si temeva. Il piano “Case” e i “Map” hanno rappresentato un formidabile esempio di intervento a favore della popolazione colpita, permettendo il rientro in confortevoli abitazioni antisismiche di moltissime famiglie momentaneamente alloggiate negli alberghi della costa, ma la percezione di molti è che non ci sia un reale piano strategico a breve e medio termine, che manchi una copertura economica in grado di cancellare le ferite aperte e visibili che si pongono dinanzi agli occhi di chi, per caso o libera scelta, attraversa la città, quella vera, quella che gli aquilani e non amano veramente. Il centro storico, apparentemente in piedi, è in realtà ormai una tetra scenografia, fatta da edifici che si mantengono per scommessa, sorretti da tantissime impalcature di legno e ferro, con chiese devastate e sventrate aperte alle intemperie, là dove non sono state ancora applicate le coperture. La verità è che molte cose non possono essere comprese se non viste direttamente, senza polemiche inutili e dannose. Adesso è venuto il tempo di trovare delle soluzioni che tengano conto delle numerose variabili legate all’economia del territorio e al suo rilancio basato su azioni certe e programmabili, così da evitare declino e spopolamento. Attualmente la mancanza di fondi ad hoc per il restauro e la ricostruzione del patrimonio culturale della città, comincia ad essere un’emergenza nell’emergenza, soprattutto all’indomani degli impegni non mantenuti dalla maggior parte dei governi stranieri in merito all’adozione dei monumenti da ricostruire. Purtroppo il G8 dello scorso luglio,non ha prodotto gli effetti sperati e di questo il nostro governo ne ha dovuto prendere atto, constatando direttamente il gravoso impegno in termini di fondi da destinare all’Aquila, milioni di euro che però dovranno essere trovati perché al momento nelle casse dello Stato non ci sono. Fanno bene coloro che propongono di stornare i soldi destinati ad opere di dubbia utilità a favore dell’Aquila (per esempio il ponte sullo stretto di Messina), perché qui è in ballo l’identità di un’intera città con il suo comprensorio di borghi e paesi, di storia e tradizione, cose da tutelare affinchè abbiano un futuro. L’Abruzzo, al contrario di quanto ritiene qualcuno, perdendo L’Aquila non ci guadagnerebbe nulla, se non un impoverimento generale in una regione già in crisi per via degli scandali politici e della recessione che ha comportato cassa integrazione, mobilità, licenziamenti: ben lo sanno i dipendenti della sanità privata. Occorre spirito di sacrificio, ma anche lungimiranza e onestà, senza scontri politici tra maggioranza e opposizione che, senza se o ma, non servono a nulla, se non ad allontanare la gente dalla partecipazione attiva e dai reali bisogni: casa, lavoro, vita attiva, prospettive di crescita, un futuro meno pieno di incognite per i giovani. Questo 2009 è stato l’anno del grande terremoto e dello sciacallaggio. I soliti furbi ne hanno subito approfittato perpetrando un ulteriore danno a scapito dei più umili: fitti esosi sulle case disponibili e sui locali ad uso commerciale risparmiati dalla furia della natura, episodi di scarsa solidarietà verso i bisognosi con l’unica “colpa” di essere gli anelli deboli della comunità, dopo aver perso tutto quello che avevano alle 3,32 del 6 aprile in quei terribili secondi senza tempo. Paradossalmente molti cittadini si sono ritrovati ad essere stranieri nella loro terra senza rendersene conto in un nuovo medioevo basato sulla logica del più forte, tiranneggiati e beffati da una classe di alcune persone evidentemente avvezze a calpestare la dignità altrui, come spesso avviene in guerra e dopo le calamità naturali. Questi soggetti senza scrupoli dovrebbero pensare al futuro che forse non vedono, perché la logica adottata non paga alla lunga e, prima o poi, chi è stato calpestato nei propri diritti tirerà calci, chi non ne avrà il coraggio lascerà la città per altri lidi dove il costo della vita è maggiormente sostenibile Risultato: graduale e progressiva fuga con inevitabili ricadute sul tessuto economico e produttivo locale, case dagli affitti “d’oro” sfitte, aperture di nuove attività e investimenti fuori dal cratere. Insomma la fine. È incredibile e ammirabile la tenacia di tutti gli operatori commerciali che con coraggio hanno dimostrato dinamismo riaprendo le loro attività perse con il sisma, magari rimettendoci pure, ma con la voglia di rimanere a L’Aquila fidando, veramente in tal caso,in un futuro migliore. Molti di loro lo hanno potuto fare grazie a imprenditori e privati cittadini che onestamente hanno messo a disposizione spazi e locali guadagnando il giusto senza speculazioni rendendo possibile il riscatto dall’immobilismo che sarà scongiurato del tutto solo se si realizzerà la zona franca, utile ad attrarre investimenti e a garantire l’occupazione, vera priorità . Significativa è stata la funzione di sensibilizzazione portata avanti da alcune trasmissioni e personaggi del mondo dello spettacolo, in particolare “Voyager” condotta da Roberto Giacobbo, che ha avuto il merito di far conoscere la storia della città legata ai templari al vasto pubblico televisivo con una diretta in piena zona rossa, mostrando un interesse mantenuto nel tempo dopo che il conduttore era già stato a L’Aquila in una precedente occasione, un modo ulteriore di rimarcare l’attenzione verso il tema della ricostruzione pesante del centro storico. Fondamentale è stata la macchina della giustizia che attraverso l’azione composta e meticolosa della Procura della Repubblica, guidata da Dott. Rossini, ha chiarito, documenti alla mano, le vergognose negligenze che hanno portato al crollo della Casa dello Studente in via XX settembre, rendendo rispetto alle famiglie delle vittime di quei ragazzi morti sotto le macerie. Ora gli indagati dovranno fornire tutte le spiegazioni agli organi competenti di un dramma inascoltato e, qualora ritenuti colpevoli,pagheranno il prezzo dell’incoscienza .Inoltre è apparso determinante il ruolo del Presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, che senza essersi mai persa d’animo e mantenendo il giusto equilibrio tra serietà istituzionale e simpatia personale, ha saputo impegnarsi fin dal primo giorno per un ruolo attivo dell’ente nell’interesse della comunità, per i suoi bisogni, per il lavoro, per una difesa del ruolo di capoluogo di regione che la città deve continuare ad avere senza derive secessioniste, ma anche per aver contribuito a fare in modo che la reale condizione della città potesse essere conosciuta dall’Italia e dal mondo, attraverso un’azione diplomatica e di concertazione, a fianco della gente. L’Aquila vive ogni giorno la propria emergenza,problemi legati a una viabilità caotica e vorticosa, a una mancanza di punti cardini di riferimento,oltre a file, code, disagi, frammentazione sociale, sanità al collasso,situazioni destinate a perdurare ancora. Parecchio è stato fatto, moltissimo resta da fare, tutto dipenderà dalla capacità di rendere l’intero processo il meno burocratico possibile. La ricostruzione dovrà essere monitorata passo per passo in modo da rendere sicura la città, edificando solo ed esclusivamente su terreni geologicamente idonei e vigilando sulla qualità dei materiali utilizzati, con nuovi assetti viari e urbani. Forse è questo il miglior modo di ridare la speranza ai presenti e rispetto a chi non c’è più. Buon 2010.
(Foto: Piazza Duomo nell’altra vita)


09 Gennaio 2010

Categoria : Cultura
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