Chiude salone della ricostruzione… disastrosa
I DATI: EDIMO IN CRISI, CEMENTIFICIO SACCI IN AFFANNO, DISOCCUPAZIONE IN EDILIZIA –
L’Aquila – di G.Col. -
(Foto: la De Micheli, il cementificio SACCI di Cagnano, la ricostruzione e il suo skyline inquietante, logo dei sottoservizi) – Benedetto anche dal governo (che ha spedito a L’Aquila la sottosegretaria De Micheli, si chiude oggi il salone della ricostruzione, oltre 100 espositori, il meglio di materiali, tecniche, ingegneristica, progettualità e quant’altro orbita attorno ad una parola molto importante a L’Aquila: ricostruzione, appunto. La manifestazione ha assunto negli anni dimensioni importanti, un peso nel settore, costa un sacco di soldi, bisognerebbe sapere anche quanto rende e a chi rende. Non certo al territorio aquilano, che è in ginocchio.
Solo in promozione è stata spesa davvero una grande mole di risorse.
A occhio e croce, in concomitanza con i giorni del salone, sono emersi dati che fanno paura, tutti neri come la notte, stridenti rispetto ai sorrisi e alla retorica in cui si è inzuppato il biscotto sui palcoscenici del salone. Ne abbiamo parlato più volte, ricevendo consensi e condivisioni da più parti. Il discorso è facilmente riassumibile, anche perché lo abbiamo già fatto.
Quale ricostruzione? Sicuramente non quella economica, psicologica, sociale del territorio aquilano, che è sgomento di fronte alle assurdità che si susseguono intinterrotte: sono almeno tre.
Prima: nel cantiere più grande d’Europa, crolla il gigante dell’edilizia, la Edimo.
Seconda: nel cantiere più grande d’Europa, affonda l’unica cementeria (peraltro storica ed esistente da 50 anni), la SACCI di Cagnano Amiterno.
Terza: nel cantiere più grande d’Europa, i sindacati mettono in luce dati allucinanti sull’occupazione nel settore edilizio. Pochissimi gli aquilani e gli abruzzesi utilizzati. Pochissime dite e imprese coinvolte – anche commerciali – radicate sul territorio, ma tenute lontane. Fuori dal giro. Un caso per tutti: il materiale cementizio per i sottoservizi (l’appalto più importante in atto) viene prodotto a Rieti…
Ci chiediamo, e chiediamo: è utile, serve a qualcuno o a qualcosa, mettere in piedi un salone della ricostruzione mentre di anno in anno la ricostruzione si conferma economicamente disastrosa, gestita altrove, affidata a potenti inaffondabili, cosa di altri che stanno fuori e lontano dal cratere sismico. E gestiscono tutto.
Chi sa se la De Micheli queste cose le sa. In caso contrario, ora ha il modo di saperle.
Poco cambia il fatto che da tempo ormai diciamo esteso si continui a parlare periodicamente della legge per la ricostruzione, in cottura, misteriosa, frutto – si garantisce – di consultazioni ampie e capillari. Se e quando arriverà (la bozza è nelle mani ben curate della sottosegretaria De Micheli), non inciderà certo sul pregresso, tanto per usare terminologie care a burocrati e politici. Ovvero, i danni fatti sono danni, e per ora abbiamo i cocci.
Magari una legge per la ricostruzione sarebbe stata utile nel 2009, al più nel 2010. Ma allora produrla, forse, non serviva a nessuno. La Regione se ne guardò bene. Il governo pensava a mandare i suoi per tenere da parte gli aquilani, sindaco in testa. La montagna di denaro necessario cresceva. La regola numero 1 sarebbe stata: non delegare, non mettere tutto in mano ad altri, non aprire le porte a chi veniva da fuori, e a quattro big locali, e chiuderle a chi in città viveva e operava.
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