“Nuova” provincia, ma vecchia politica
L’Aquila – (di G.Col.) – (Immagini: la mappa della provincia, il comune più importante è assente – Sotto: la vecchia Provincia finita in pezzi e la nuova, in container) - Lasciando da parte il chiasso elettronico su Facebook sui risultati delle elezioni provinciali, forse è meglio scegliere la pacatezza e tentare qualche riflessione, anche se è la prima volta (per L’Aquila) che si adopera l’utensile politico “nuovo”. Ogni innovazione, ogni novità immancabilmente all’inizio scricchiola, specie quando viene messa in mano a politici che appartengono al vecchio sistema e quindi risentono di logiche coerenti con quello. Se si affida una Jaguar a uno che guidava una Trabant, c’è il rischio calcolato che riesca persino a far grattare il cambio della supercar.
Precisando subito che, nel nostro caso, non è il caso di parlare di Jaguar, tutt’al più di un’anonima utilitaria.
Ha vinto il centrosinistra? Il PD si sente vincitore nella scia del renzismo dominante. I conti dicono che è così e che il presidente è un uomo pidino. Quindi nessuno può smentire. Qualcuno potrebbe, invece, notare che il sistema di voto scelto, il risultato lo lascia supporre prima ancora che si aprano le urne: se la maggior parte dei sindaci e degli amministratori chiamati alle urne è già in partenza di centrosinistra, il risultato non potrebbe essere diverso. La gente non vota più, a farlo sono politici a loro volta già espressi da scelte politiche. Dunque… La frase “il PD si riprende la provincia” è quanto meno inappropriata. Quando a votare furono i cittadini, la provincia il PD e i suoi soldali la persero. E ci siamo beati di Del Corvo, che ora non è più neppure consigliere…
I risultati sono speculari rispetto alla realtà ? Non sembra, visto che la città più grande, L’Aquila, non ha neppure un rappresentante. Dunque, il consiglio eletto non rispecchia affatto la realtà demografica della provincia. E se non ci fossero stati i retroscena politici (dispetti, ripicche, rivalse, punizioni… roba da piangere), L’Aquila avrebbe avuto, in ogni caso, appena un solo rappresentante.
Balza evidente, infine, l’aspetto meno convincente della riforma: i centri minori soccombono sotto la preponderanza di quelli maggiori. Ma questo è un problema di dimensione nazionale.
Si potrebbe dire che diventa più vistoso in zone, come l’Aquilano, in cui i centri minori sono tantissimi, anzi quasi tutti. Senza voce erano, senza voce sono e saranno. Declinano, nei palazzi del potere si vuole che spariscano. Gente che non conta e non ha voce in capitolo.
E’ democrazia questa?
Non ne siamo convinti, e sempre di meno ne sono convinti molti italiani: quando illustri giuristi e politici di rango dicono che il nostro Paese non è una vera democrazia in cui sovrano è il popolo, bisognerebbe ascoltarli. La democrazia, a grandi linee, è fatta di diritto di voto (e quindi scelta), a patto però che venga realmente erogato questo diritto di scelta. A tutti.
Un po’ come alle primarie … in salsa italiana: scelga la gente, il cittadino dica la sua. Ma su chi, lo decide la politica.
In America bevono a ettolitri una specie di ciofeca chiamata Ginger Ale, e sono convinti che sia una birra. E’ un po’ la stessa cosa qui in Italia: abbiamo un sistema che somiglia alla vera democrazia. Siamo convinti che lo sia, c’è chi lo ripete ogni giorno fino alla noia. E ce ne andiamo la sera a casa contenti, convinti di essere Europa. Gonfi di Ginger Ale.
Comunque auguri al presidente Antonio De Crescentiis: è una brava persona, dicono in molti. Vogliamo credere che sia così, con fiducia preventiva. E naturalmente, revocabile.
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