L’Aquila, città senza memoria, si sveglia nel 2015: ecco un piano di protezione civile…
L’Aquila – (di G.Col.) –
(Le foto: in evidenza l’area dell’epicentro del 2009, appena dietro Monteluco; l’epicentro del XV secolo; solo segnaletica precaria e raffazzonata apparsa dopo il 2009) -
C’è una buona notizia, che abbiamo letto nei giorni scorsi provando sollievo, che nel contempo appare positiva ma anche capace di provare oltre ogni ragionevole dubbio l’assurdità della città. Sì, L’Aquila dimostra di essere priva di memoria e, appunto, assurda.
La notizia è che presto sarà pronto un meditato e speriamo ben costruito piano di protezione civile. Siamo agli sgoccioli, viene promesso dal palazzo comunale, dovrebbe essere approvato entro qualche settimana. Se tutto va bene, s’intende, e troppo spesso non tutto va bene. Aspettiamo, quindi, l’approvazione. Il contenuto del piano verrà divulgato ampiamente, promette sempre il Comune, e ogni cittadino ne avrà un’esatta conoscenza. Anche su questo attendiamo prima di essere contenti. Ma attendiamo con fiducia.
L’amministrazione attuale entrerà nella storia. Sarà stata la prima dalla fondazione aquilana ad aver scoperto che esistono i terremoti e che, essendocene stati, ce ne saranno ancora. Non è una previsione, ma una certezza avallata da ogni scienziato italiano o straniero. Se volete chiamatela predizione. Se prevedere un sisma è, al momento, impossibile, affermare che ce ne saranno è quasi un dovere. Ripetiamo una cosa più volte detta e ribadita negli ultimi sei anni: possiamo dire (quindi pre-dire) che sulle autostrade italiane domani si verificheranno degli incidenti (in base anche ai dati statistici sugli incidenti) ma non possiamo sapere dove e a che ora. Semplice e chiaro. Se un concetto tanto semplice entrasse nelle teste di tanta gente (giornalisti inclusi, spesso), eviteremmo le domande cretine ai sismologi: tipo “questo terremoto si poteva prevedere?”.
L’ultimo esempio è il catastrofico sisma nel Nepal (stiamo contando i morti in queste ore), zona fortemente sismogenetica da quando la zolla indiana spinge la zolla asiatica. Cioè da una sessantina di milioni di anni. Le altissime cime himalaiane stanno lì a dimostrarlo…
L’Aquila è stata almeno tre volte distrutta dal terremoto: metà del ‘400, 1703 e 2009. Negli intervalli, terremoti anche forti molto numerosi, mediamente a distanza di una cinquantina di anni l’uno dal successivo, ma altre volte con intervalli molto più brevi. La sua ricostruzione è costata una montagna di risorse (sommandole tutte) alta come una delle montagne che circondano la città di Federico. I processi in corso dimostrano che, nonostante ciò, si è spesso costruito male e dove non si doveva, obbedendo solo all’ignoranza e alla speculazione, all’incuria e all’indifferenza, o peggio all’incapacità di affrontare l’argomento e di assumere decisioni. Episodi arcinoti (l’allarme di alcuni geologi una trentina di anni fa sulla pericolosa accelerazione sismica in alcune zone urbane) e le predizioni ragionevoli del 1997 su un possibile sisma dopo gli anni Duemila non servirono assolutamente a nulla. Ci fu chi pagò, addirittura, le “colpe” di averne parlato.
Lo scenario che accusa politici e amministratori succedutisi nei decenni è scritto nei fatti: l’assurdità, appunto, dell’assenza di un vero piano di protezione civile, nella città che taluni considerano tra le più sismiche d’Italia. In base agli studi e in base alla storia. Una situazione addirittura grottesca, che solo ora, nel 2015, viene modificata. L’Aquila si sveglia e si accorge di essere vissuta come il conte Mascetti dell’impagabile film “Amici Miei”. Vissuta, e per tre volte morta.
Dormono sulla collina generazioni di incoscienti, di pessimi politici, di nefasti amministratori, criminali affaristi e speculatori. Nella Spoon River aquilana c’è una pletora di fantasmi che dovrebbero sedere da imputati di fronte ad un tribunale, come nell’altrettanto impagabile film “Papillon”. Un tribunale immaginario, adagiato su un metafisico mare.
Oggi, anno sesto dalla distruzione terza, arriva il piano di protezione civile. Se non è una grande notizia questa, le notizie non esistono.
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