Odore di disfattismo
L’opposizione fa il suo mestiere in politica. Guai se non ce ne fosse una. Deve essere cane da guardia. In Inghilterra hanno inventato i “governi ombra”, che fanno a modo loro e come dicono loro ciò che rimproverano ai governanti di aver fatto male. Ovvero, danno l’esempio.
Qui cosa danno e fanno le opposizioni?
Lavorano sotto come la talpa, erodono, inventano spunti per dire sempre no, litigano, sbertucciano, salgono (in Parlamento) sui banchi con le scarpe, usano il web come dannati. Ma non producono di meglio rispetto a ciò che ritengono sbagliato.
Inevitabile che si percepisca odore di disfattismo.
Un esempio. Dire e urlare che per ricostruire L’Aquila i soldi non ci sono, è inutile ripetizione. Se vuol essere un attacco demolitore, non lo è, perché è facile andare a leggersi delle carte, e apprendere il contrario. E allora? A che serve? Forse a sobillare gli inzuppatori del biscotto nel cappuccino venefico? I mai contenti? Viene il sospetto che sia solo un subdolo modo di gridare al peggio, solo per farsi spazio e attirare i mass media.
Non è così che si aiuta L’Aquila. Non è aspettando al varco la De Micheli per tentare di intimidirla. Avremmo apprezzato davvero un’opposizione ardimentosa e pugnace quando – durante i sei anni persi – c’era davvero da mettere a ferro e fuoco tutto, e non a L’Aquila, o meglio non solo a L’Aquila. Invece non l’abbiamo vista, e ce n’era da dire. Abbiamo solo sentito attacchi personali, invettive di respiro corto e ristretto. Berciatori, non oratori.
Si dice: fortunato quel paese che ha una forte, intelligente e grintosa opposizione guardiana del giusto e del pulito. Quel paese non è L’Aquila. Lo stiamo vedendo adesso, ma è davvero tardi.
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