Ricostruzione, L’Aquila quale futuro?
Di Giampaolo Ceci (Direttore del Centro Studi Edili di Foligno)
Oggi vorrei affrontare un tema che non mi dovrebbe appartenere. Mi riferisco alle politiche per la ricostruzione.
Le priorità imposte dall’azione politica sono chiaramente riportate nel’art 67 decreto legge n. 83/2012, convertito nella legge n. 134/2012 che trascrivo tra virgolette per i più, che non se le ricordassero.
“1. Nella ricostruzione, il comune dell’Aquila e i comuni del cratere perseguono i seguenti obiettivi:
a) il rientro della popolazione nelle abitazioni attraverso la ricostruzione e il recupero, con miglioramento sismico e, ove possibile, adeguamento sismico, di edifici pubblici o di uso pubblico, con priorità per gli edifici strategici, e degli edifici privati residenziali, con priorità per quelli destinati ad abitazione principale, insieme con le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, distrutti o danneggiati dal sisma;
b) l’attrattività della residenza attraverso la promozione e la riqualificazione dell’abitato, in funzione anche della densità , qualità e complementarità dei servizi di prossimità e dei servizi pubblici su scala urbana, nonché della più generale qualità ambientale, attraverso interventi di ricostruzione che, anche mediante premialità edilizie e comunque mediante l’attribuzione del carattere di priorità e l’individuazione di particolari modalità di esame e di approvazione dei relativi progetti, assicurino: 1) un elevato livello di qualità , in termini di vivibilità , salubrità e sicurezza nonché di sostenibilità ambientale ed energetica del tessuto urbano; 2) l’utilizzo di moderni materiali da costruzione e di avanzate tecnologie edilizie, anche per garantire il miglioramento sismico e il risparmio energetico; 3) l’utilizzo di moderne soluzioni architettoniche e ingegneristiche in fase di modifica degli spazi interni degli edifici; 4) l’ampliamento degli spazi pubblici nei centri storici, la riorganizzazione delle reti infrastrutturali, anche in forma digitale attraverso l’uso della banda larga, il controllo del sistema delle acque finalizzato alla riduzione dei consumi idrici e la razionalizzazione del sistema di smaltimento dei rifiuti;
c) la ripresa socio-economica del territorio di riferimento…..”
A mio avviso la legge elenca gli obiettivi secondo un ordine fuorviante.
Al primo punto si sarebbe dovuto mettere le azioni che promovessero la ripresa socio-economica del territorio di riferimento (punto c) poi il rientro delle popolazioni dalle abitazioni (punto a) ricostruendo gli edifici secondo criteri attrattivi sia per la loro modernità tecnologica, sia per il rinnovato contesto abitativo urbanistico (punto b).
E’ evidente che promuovere la ricostruzione di edifici in paesi privi di opportunità lavorative è inutile perché gli edifici saranno abitati solo se ci saranno attività sociali o lavorative in zona, altrimenti resteranno ristrutturati, ma… vuoti.
Nessuno, credo vorrebbe vivere in una città dormitorio.
Purtroppo questo rischio è presente in alcuni comuni del cratere ove già prima del terremoto vi era un indice di invecchiamento elevato e un marcato esodo delle popolazioni residenti.
Quindi, per prima cosa bisogna necessariamente individuare le eccellenze della zona per potenziarle o individuare nuove linee di sviluppo compatibili con la cultura dei residenti.
Operazione complessa che deve essere assistita da un piano organico e di prospettiva che metta in rete le eccellenze locali che devono essere sostenute contributi e finanziamenti statali o europei che consentano ai residenti di aprire o potenziare le loro attività in loco.
Stessa cosa per la città capoluogo. Mi ricordo le polemiche quando la Regione umbra decise di iniziare i lavori di recupero della Basilica di S Francesco ad Assisi che ebbe la priorità rispetto alle case “lesionate”.
Una scelta osteggiata di molti, perché dava soldi alla Curia per costruire “inutili” chiese invece che le “utili” case. Invece, durante la ricostruzione delle case, la città di Assisi fruì del considerevole numero di turisti religiosi e dei tecnici che vennero a visitare i lavori in atto sul monumento, fornendo quelle risorse ai residenti che poterono così industrializzarsi per sfruttare l’opportunità offerta di turisti, ma soprattutto consentì loro di restare in zona.
La stessa cosa avvenne in Friuli, dove il motto era: “prima le fabbriche, poi le case”.
In quel contesto, le risorse pubbliche furono finalizzate ad un disegno di sviluppo ancor più lungimirante.
Le fabbriche furono ricostruite e furono dati contributi anche per rinnovare i macchinari prima delle case.
Da quel tremendo disastro nacque il miracolo “nord est” che porterà la produzione della regione ai primi posti in Italia per molti anni.
Come “favorire l’economia locale” quindi, non “come ricostruire le case” é il principale problema Aquilano! E’ un tema di politica economica, a cui i nostri politici, nonostante la loro buona volontà , non mi pare riescano a dare risposte, né convincenti, né univoche.
In questo momento la massa di liquidità che arriva in città viene riversata sui progettisti, sui presidenti dei consorzi, sugli amministratori dei condomini e su alcune imprese, per di più regionali o nazionali, che però li trasferiscono in larga parte alle “loro” maestranze e subappaltatori di fiducia che lasciano nella economia locale “le briciole” delle spese di soggiorno.
La ricaduta economica si verifica solo su alcuni dettaglianti di materiali edili (alcuni catapultati qui da altre regioni) che però, neppure loro, acquisiscono le grandi forniture che vengono trattate direttamente con le case produttrici. Dopo il sisma che resterà ? Quale sviluppo si sarà innescato per i prossimi decenni? E’ questa la premessa per lo sviluppo economico dell’Aquila e dei comuni del cratere?
Sembra che i futuri appalti prevedano una quota riservata ad imprese e artigiani locali nella speranza di favorirne lo sviluppo, allora mi domando perché non s’indirizzano sul potenziamento delle giovani imprese artigiane, i fondi della formazione professionale? Perché non si favorisce la crescita delle piccole imprese locali mettendole in condizioni di collaborare con le medie e grandi imprese nazionali, perché acquisiscano le capacità tecniche e gestionali per proporsi in futuro su mercati più ampi? Che cosa accadrà tra venti anni, finita la festa?
Non c’è proprio il modo di ripartire meglio le risorse che vengono portate all’Aquila per favorire, seppure temporaneamente, lo sviluppo del territorio, eliminando la cassa integrazione, in attesa dei progetti di sviluppo più complessi?
Le misure sono semplici, Basterebbe imporre che tra le spese tecniche s’inserisca obbligatoriamente la presenza di un avvocato e di un commercialista (per la assistenza professionale si potrebbe stabilire un importo forfetario di 500 euro mese cadauno da togliere dai compensi delle imprese o degli amministratori).
In questo modo si alimenterebbe il circuito economico locale e si limiterebbero i fenomeni corruttivi, gli errori amministrativi e i contenziosi.
Utile anche prevedere la nomina da parte dell’USRA (ma con spese a carico dei consorzi) di un tecnico “ispettore” con obbligo di residenza in città , demandato al controllo quotidiano dei lavori dell’isolato, che unifichi le scelte tecnologiche architettoniche nell’ottica auspicata dal legislatore e controlli la qualità dei lavori e le contabilità .
Ci sarebbe anche un’altra misura possibile, quella di riservare quote di lavoro agli artigiani con sede in città , ma questo richiede il varo di un contratto tipo da imporre alle imprese aggiudicatarie.
Perché infine, non attivare stages retribuiti per i neolaureati da impiegare subito per il disbrigo delle pratiche dell’USRA consentendo il travaso di risorse sugli studenti universitari locali per rendere attrattiva l’Università Aquilana, oltre che fornire loro un’occasione per iniziare capire cosa sia il lavoro?
Sono solo proposte, ma su questi punti e altri ancora bisognerebbe riflettere e intervenire altrimenti si porteranno soldi in città , ma senza favorire alcuno sviluppo locale, né presente, né di prospettiva.
Non c'è ancora nessun commento.