La sgarrupata politica regionale abruzzese dà ancora (brutto) spettacolo
L’Aquila – (di G.Col.) – Per i ragazzi (ammesso che ne esistano interessati a ciò che accade nei palazzi) e, in genere, per i cittadini abruzzesi (ammesso che ancora qualcuno segua gli eventi istituzionali e partitici), la carnevalata messa in scena dalla Regione sui punti nascita è decisamente diseducativa.
Si somma ad altri motivi: la sguaiatezza quotidiana, i comportamenti non esemplari (la vicenda della multe a Pescara è da piangere…), i risultati non entusiasmanti. Male stavamo, male stiamo e niente di garantisce che meglio staremo.
Ma non esiste solo la saccoccia, non ci sono soltanto i soldi e il lavoro: c’è anche il costume democratico, che ne soffre e ne esce stracciato.
Riassumiamo. La maggioranza viene battuta dalla minoranza sui punti nascita. Come dicono i cronisti politici, il governo “va sotto”. Nel drappello di tiratori scelti contro D’Alfonso, Paolucci e compagnia, figurano anche pidini dissidenti. Il governo va sotto non per un voto (il che sarebbe già sintomo di febbre alta) ma per cinque voti. Un naufragio vero e proprio.
Una deblace, volendola dire in linguaggio elegante. Una frana totale, volendo usare vocaboli molto attuali in Abruzzo. Cosa dovrebbe accadere in una democrazia compiuta, europea, ovvero autentica? Il governo si dovrebbe dimettere. Semplice, no?
In altri paesi europei politici importanti hanno lasciato per molto, molto meno. Tipo una tesi di laurea scopiazzata, tanto per dirne una, come accadde in Germania. Comunque, quando un governo viene impallinato su un argomento di grande rilievo, mentre migliaia di persone manifestano fuori dal palazzo, qualcosa di grave è accaduto.
Come se niente fosse, invece, viene riferito, la maggioranza “si ricompatta” e a D’Alfonso, coerentemente incazzato come un drago, viene portato un pezzo di carta, ovvero un documento che nessuno fuori leggerà mai, con attestati di fiduicia. Quasi scuse e prostrazioni. Ma alla gente di tutto questo cosa importa? Chi urla fuori dal palazzo sa solo che il governo è andato sotto e di parecchio e che dovrebbe dimettersi. Di documenti e scartoffiette riparatrici, non importa un tubo a nessuno. Pantomime, untuosità politiche, trucchetti per restare in serpa e in libro paga…
I cinque che hanno impallinato D’Alfonso e poi si sono rimangiati i pallini hanno solo cercato una bella figura di fronte ai manifestanti, una medaglietta da eroi, sapendo bene come sarebbe andata poi a finire: a tarallucci rancidi e vino.
Va ricordato che ognuno dei pessimi attori dell’avanspettacolo all’Emiciclo sapeva fin dall’inizio che i tagli dei punti nascita dovranno esserci, perché li ha ordinati il governo, che all’Abruzzo ha detto: “Comportati bene e si tolgo il commissario, anzi ti do pure un premio in denaro”.
Ultimo oltraggio alla democrazia – che qui da noi è una parola semivuota – è che un documento votato da una maggioranza non avrà alcun peso, sarà disatteso, carta straccia tanto per far vedere. L’aula vuole una cosa, e il governo non fa quella cosa. Siamo alla boutade, o no?
Meno male che all’estero dell’Italia – figuriamoci dell’Abruzzo – non sanno quasi nulla, perché la stampa straniera scrive del nostro paese solo quando ci sono stragi sanguinose in tribunale o arresti per corruzione, e naturalmente mafia.
Certe volte conviene spegnere la luce e fingere di non essere in casa…
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