E il prossimo anniversario?
Il sesto è andato, il settimo verrà e dopo anche gli altri. Fino alla perdita della memoria, nei decenni e nei secoli futuri. Nessuno, infatti, celebra più l’anniversario del terremoto del 1703 o di quelli precedenti. Possiamo però presumere che di fiaccolate ce ne saranno ancora tante. Bisogna chiedersi con quali differenze.
Restando con i piedi per terra, si può rispondere che fra un anno o due-tre-quattro-cinque… ci saranno delle case ricostruite, altre pratiche chiuse, altri processi ancora in piedi. E altre condanne per vecchissimi progettisti o costruttori, oppure processi estinti per morte degli imputati. Intanto, come garantisce Renzi, i soldi arriveranno. Dovremo badare a tenere lontani sciacalli e malfattori dalle unghie acuminate, assetati di ruberie.
Cerchiamo, quindi, la differenza degli anniversari futuri. Tentiamo di coglierne una: la giustizia sarà resa anche ai parenti delle vittime, a coloro che hanno scritto slogan e striscioni toccanti e amari. I saggi e canuti giudici del tribunale supremo chiamato Cassazione rivedranno l’assoluzione. Daranno un responso meno deludente. Affermeranno il diritto di chi, oggi, si sente vilipeso da una giustizia che – dice la gente – non ha fatto giustizia. Ci convinceranno che lo Stato non assolve se stesso, non si proscioglie?
Ecco, questa potrebbe essere la differenza, nel prossimo anniversario, il settimo. O potrebbe non esserci alcuna differenza, perché il nostro è un paese sempre capace di sorprendere, deludere, ferire di più i feriti e dileggiare i morti. Ipotesi pessimistica. Ma a pensar male, è noto, forse si fa peccato, e quasi sempre si azzecca…
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