Alle 3 e 32 dormite
Alle 3 e 32 della notte tra il 5 e il 6 aprile, stanotte, dormite se potete. Non aprite gli occhi nel buio della camera, tendendo l’orecchio al minimo rumore, all’impercettibile vibrazione di un vetro o di uno scaffale. Cercate nel sonno di non esserci, come avreste voluto non esserci sei anni fa. Allora non era Pasqua, ma la domenica prima di Pasqua, che quell’anno non arrivò mai.
Fingemmo, ci sforzammo di vivere una Pasqua, ma era soltanto un lutto oscuro che dura ancora.
Non abbiamo dimenticato, e non potremo mai. Perdemmo un luogo di esistenza, molti persero anche i loro cari. Il terrore generato dal sottosuolo ci distrusse insieme con migliaia di case, tetti, pareti, rifugi. Niente può essere più lacerante, devastante. Migliaia di persone non furono più le stesse, la vita non fu più la stessa, e non lo sarà più.
Poi le umiliazioni, le offese, gli oltraggi, le crudeltà dello Stato e della sua mortale burocrazia. Il peggio, ma anche il meglio, qualche volta, dai pochi che sono stati umani e buoni. Ora i disperati sforzi di rialzare il capo, i cantieri, i tetti, le gru. Le speranze, per chi riesce a conservarne. Ma per tanti è finita e non ci sarà tempo per ricominciare. Non esistono mattoni per riedificare le vite.
Perciò stanotte, se non sarete alla fiaccolata, alle 3 e 32 dormite, siate altrove come spesso il sonno fa pensare. La sola cosa utile che si può fare, oltre che piangere se si vuole, è tacere, dormire, non sognare, non avere incubi agghiaccianti. Abbiamo già dato, non resta altro che il desiderio di dormire. La cosa che più somiglia al niente è il sonno.
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